Di Jim Jarmusch, 2009 (USA, Giappone), 116 min.
Con Isaach De Bankolé, Alex Descas, Luis Tosar, Paz de la Huerta, Tilda Swinton, Youki Kudoh, John Hurt, Gael García Bernal, Bill Murray
Scritto da Jim Jarmusch
Un killer senza nome, elegante e di poche parole, se ne va in giro per l'Andalusia seguendo le incomprensibili istruzioni che i suoi vari contatti gli consegnano in piccole scatole per fiammiferi. Numeri e lettere scritti apparentemente a caso che lo guidano ogni volta verso una nuova destinazione.
I contatti, con cui il killer ha brevi e singolari conversazioni, sono eccentrici anche per i personaggi a cui Jarmusch ci aveva precedentemente abituati: un'appassionata di cinema classico, una studiosa di molecole, una ragazza costantemente nuda, un vecchio amante della pittura...
Tutti questi incontri hanno come unico scopo quello di avvicinare il killer ad un misterioso uomo d'affari americano nascosto in una villa circondata da guardie armate.
La trama è quella di un film d'azione, ma il film è ovviamente quello che ci si aspetterebbe da uno dei registi più particolari in circolazione, che malgrado qualche piccola novità, non ha sicuramente cambiato modo di fare cinema: il suo tocco c'è ed è sempre più ricercato e personale. Personaggi strambi ed affascinanti, dialoghi surreali, tempi lenti e, soprattutto, quell'incomunicabilità che ha sempre fatto da sfondo ad ogni sua storia, rappresentando più un vantaggio che un vero e proprio ostacolo. I dialoghi fra Forest Whitaker e Isaach De Bankolé (qui nel ruolo del killer) in Ghost Dog ne sono forse la prova più lampante.
I silenzi però contano quanto i dialoghi, ed è proprio uno dei contatti del killer, La Bionda, a farlo notare: "mi piace quando nei film gli attori se ne stanno seduti senza dire niente", dice in un momento morto della conversazione, sorridendo e guardando nel vuoto.
A catturare l'attenzione dello spettatore sono dettagli come questo, quelle piccole cose su cui solitamente non ci si sofferma. E così le prove di uno spettacolo di flamenco, osservate da un incantato killer solitario in una delle scene più belle del film, diventano molto più importanti e significative dello spettacolo vero e proprio, che infatti neanche vedremo.
Di nuovo c'è invece una ricerca estetica che Jarmusch non aveva forse mai affrontato in questo modo: fotografia curatissima e colorata (evidente soprattutto nella bellissima scena in treno con Molecules, la ragazza appassionata di molecole), qualche inusuale movimento di camera e addirittura due o tre brevi scene al ralenti.
L'aspetto più sorprendente è però il valore simbolico dell'opera. Ogni personaggio rappresenta temi come il cinema, la musica, la pittura, le droghe ed il sesso, che Jarmusch associa presumibilmente ad un concetto di libertà che il killer solitario non può raggiungere perché ancora intrappolato nei rigidi schemi di un controllo superiore. Identificare e sconfiggere quest'ultimo ostacolo diventerà quindi il suo obiettivo principale.
Ed è infatti solo alla fine che gli intenti del regista diventano chiari: che lo si voglia leggere in chiave politica o artistica, che abbia un valore generale o che si riferisca semplicemente al percorso interiore del personaggio principale, The Limits of Control rimane un film profondamente libero ed antiautoritario.
Lento, enigmatico, anarchico, malinconico, divertente, ammaliante... Un capolavoro, uno dei tanti di un Jarmusch che non la smette di stupire.
Concludo con un estratto di un'intervista a Jarmusch al Reykjavik International Film Festival del 2010. Ho deciso di metterla per la chiarezza del concetto espresso. L'audio non era molto decente, perdonate eventuali errori.
Each one of us has our own consciousness, and it is the most valuable thing we have, and it is our own. And you could be influenced, people will try to tell you what is reality. You know, I grew up with authority figures, and school, policemen, even my father, telling me things like […] “you just don't understand how the real world works”, you know, and I heard that so many times... But the real world is mine to interpret. […] And i don't like being told what is real.
p.s. Il blog è arrivato a un anno di età. Ero indeciso se scrivere o meno una specie di post celebrativo e alla fine ho deciso di farlo limitandomi ad aggiungere qualche riga alla recensione di un film. Siccome Jarmusch è uno dei registi che preferisco, The Limits of Control mi sembrava l'occasione giusta.
Quando ho deciso di aprire un blog di cinema non ne conoscevo nemmeno uno, e in poco tempo ho scoperto un intero universo di siti interessanti, curati da gente competente e con una cultura cinematografica impressionante; ho letto e continuo a leggere, in giro per la “blogosfera”, analisi di film perfette, curate e dettagliate come non capita nemmeno nelle riviste specializzate, esposte sempre con semplicità ed umiltà. Ed è proprio questo l'aspetto più positivo: gli autori sono sempre disposti al dialogo e ad accettare opinioni divergenti, senza che nessuno mai si ritenga depositario di chissà quale verità cinematografica.
I blog di cui sto parlando non sono pochi e mi hanno fatto scoprire una quantità enorme di film nuovi, e molti di questi ho la fortuna di averli fra i miei “blog amici”. Il “problema” è che continuo a scoprirne praticamente ogni giorno, ed ogni giorno ho l'impressione che Piano piano, sequenza... (eh, il titolo è venuto così, lo so...) sia meno interessante.
Nel mio piccolo ho comunque deciso di non scoraggiarmi e di continuare. Le recensioni che scrivo sono brevi e poco approfondite (e mi fermo qui per non dire altro), ma mi diverto a scriverle e spero possano risultare anche solo un minimo interessanti a chi ha la pazienza di fermarsi qui da me e di leggere periodicamente i miei post. Fra i tanti difetti c'è anche quello dei “cuoricini” che danno il voto – ovviamente soggettivo e senza nessuna pretesa - al film, e che più di una volta ho pensato di togliere.
Ad ogni modo, fra i pochi commentatori fissi e casuali, ci sono persone che in un certo senso ho conosciuto e che apprezzo molto, e questo mi basta.
I ringraziamenti di cui parlavo all'inizio sono rivolti a tutti quelli che stanno leggendo questo post: ai blogger ma anche a quei lettori esterni che non si sono mai palesati ma che ogni tanto, magari, passano di qui. Ce ne saranno? Forse uno o due, a me piace pensarlo.
Dovessi ringraziare tutti, questo diventerebbe un post troppo paraculo, e siccome già mi sembra di aver oltrepassato i limiti consentiti, scelgo di citarne tre in particolare:
Ford, il primo a commentare sul blog, bevitore incallito che dal suo primo passaggio qui non ha praticamente mai smesso di partecipare.
Alessio, con cui mi sono trovato in sintonia sia per quanto riguarda il cinema che per la visione della società in cui viviamo, e questo mi ha fatto enormemente piacere.
E
Alice, il cui improvviso e dirompente arrivo da queste parti ha contribuito ad animare il blog. E anche per lei vale il discorso su cinema e società.