mercoledì 15 giugno 2011

Dal suicidio con ironia a quel lavoro che proprio non rende liberi

Il bizzarro museo degli orrori, Dan Rhodes, 256 pag.
Pavarotti, nonostante la mole imponente, è timido e riservato, parla con una vocina flebile e lascia che sia la moglie ad occuparsi delle faccende più importanti, come ad esempio la gestione del museo che hanno aperto per convincere gli aspiranti suicidi a cambiare idea e a preferire la vita a quel gesto così definitivo. Ma i due non sanno che ogni stanza del museo provoca in realtà l'effetto opposto, e non è raro che il vecchio guardiano, subito prima che un ragno gli si infili in bocca durante il dormiveglia, senta dalla sua stanza dell'ultimo piano il rumore di una sedia che cade o dell'ultimo lamento disperato di uno che ha deciso di farla finita impiccandosi o tagliandosi le vene, dopo essere rimasto nascosto in un angolo e aver aspettato che calasse la notte per andarsene una volta per tutte.
A quel punto il vecchio si ritrova costretto a scendere, ripulire tutto, e con la solita flemma che lo contraddistingue chiamare il suo amico medico perché venga a prendere il corpo.
Intanto, in un'altra città, Madalena si rende conto che Mauro non è più in grado di amarla come lei vorrebbe, e, quasi per caso, scopre in un piccolo articolo di giornale l'esistenza di uno strano museo che potrebbe fare al caso suo.
È tutto trattato con ironia, e il romanticismo non manca, ma pur essendo una favola spensierata si rimane stupiti di ritrovarsi di fronte a cannibalismo, necrofilia ed altri temi non proprio allegri, perlomeno dopo aver visto la copertina viola e “soffice”, quasi fosse un libro per bambini. Carino.



Disoccupazione creativa, Ivan Illich, 96 pag.
Con Giulia era facile evitare di parlare di quello che succedeva al di fuori del nostro universo. Avevamo vent'anni e altro a cui pensare, e le questioni di poco conto che non ci riguardavano le liquidava aggiustandosi i capelli in un tentativo veloce di treccia, oppure limitandosi a guardarmi e facendomi dimenticare tutto ciò che non mi piaceva. Non che lo volesse davvero, sia chiaro, però ci riusciva e questo mi bastava.
Siamo uguali, mi diceva in tono rassegnato, come se già avesse capito che crescendo avremmo avuto bisogno di altro e che i progetti, il lavoro e lo studio sarebbero stati necessari. Per potersi inserire, realizzare, semplicemente per vivere come ci viene imposto. Ora, dopo anni e anni, le mie priorità sono rimaste più o meno le stesse e tutto quello a cui ancora non pensavo per colpa dell'età continua a sembrarmi estraneo, ingiusto. Il sentirsi dire che a ventisette anni sarebbe necessario iniziare a vedere il mondo nel “modo giusto” non fa altro che consolidare il mio pensiero. Alcune idee non vanno bene semplicemente perché non corrispondono a quelle della maggioranza?
A farmi paura è tutta questa uniformità, e andrà a finire come nelle pubblicità per il turismo. Sono tutte uguali: ti fanno vedere gente che fa surf, altra che gioca a golf, una coppia in riva al mare, discoteche e altre attrazioni ormai disponibili nella maggior parte dei paesi del mondo, senza per forza dover andare fino a quello sponsorizzato dallo spot. Nient'altro. Paesi come prodotti da consumare.
Creano i bisogni e a pagamento ti forniscono la soluzione. Per ora stanno vincendo loro. La merda è lì, in bella vista, e non serve nemmeno più nasconderla. Viene accettata per quello che è. Ma va bene così, a quanto pare...
A volte però, fra dialoghi brevi ma benefici con gente che tutto sommato la pensa come me e tentativi di difesa da chi è convinto che vada tutto bene e d'altronde il mondo va così e pensandola come te non si va avanti e sei un disadattato, capita di leggere libri come questo di Ivan Illich.

Tutti i partiti politici esistenti ritengono necessaria una produzione ad alta intensità d'energia, magari con disciplina cinese, senza capire che la società da essa derivante negherà ancora di più alla gente il libero uso dei propri arti. Qui le auto private, là gli autobus pubblici, scacceranno le biciclette dalla strada. Tutti i governi vogliono una forza produttiva ad alta intensità di occupazione, ma sono restii a riconoscere che gli impieghi possono anche distruggere il valore d'uso del tempo libero. Tutti insistono perché si arrivi a una definizione professionale, più completa e oggettiva, dei bisogni della gente, ma sono insensibili all'espropriazione della vita che ne consegue.

Indifferente a ogni scambio che non sia contrassegnato da un prezzo monetario, la società industriale ha creato un paesaggio urbano inadatto a persone che non divorino ogni giorno in metalli e carburanti l'equivalente del proprio peso, un mondo nel quale la costante necessità di difendersi dalle conseguenze indesiderate di un numero maggiore di cose e di controlli ha portato alla luce nuovi filoni di discriminazione, di impotenza e di frustrazione.

In pochi decenni il mondo si è amalgamato. Le reazioni degli uomini agli eventi quotidiani si sono standardizzate. Le lingue e le divinità possono ancora apparire differenti, ma ogni giorno altra gente si aggrega a quell'enorme maggioranza che marcia al ritmo della medesima megamacchina. [...] Ora striduli e soporiferi, i media penetrano a forza nella comune, nel villaggio, nell'azienda, nella scuola. I suoni prodotti dagli autori e dagli annunciatori di testi programmati stravolgono di giorno in giorno le parole della lingua viva facendone tanti blocchi di frasario per messaggi prefabbricati. Oggi solo chi è tagliato fuori dal mondo oppure l'anticonformista ricco e ben protetto può far giocare i propri bambini in un ambiente dov'essi sentano parlare persone anziché divi, annunciatori o istruttori. In ogni parte del mondo si vede dilagare quella disciplinata acquiescenza che caratterizza lo spettatore, il paziente e il cliente. Aumenta rapidamente la standardizzazione del comportameno umano.

Ivan Illich

12 commenti:

  1. Illich- per fare il simpatico- andrebbe studiato nelle scuole ;)
    a parte gli scherzi, a me personalmente leggerlo, ha fatto cambiare nettamente prospettiva sulle cose e aperto gli occhi su quanto l'istruzione sia una irregimentazione... quindi ritrovarlo sulle tue pagine (cosa che sospettavo sarebbe avvenuto prima o poi, da quando hai inaugurato la rubrica letteraria) mi ha fatto un immenso piacere.
    in più, il tuo commento introduttivo rispecchia con sconcertante fedeltà qualunque giorno o situazione a caso del mio quotidiano, e questo non può che farmi sentire, intellettualmente e idealmente, molto vicino al tuo sentire.

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  2. Come ben sai, hai toccato argomenti molto vicini al mio modo di vedere il mondo...
    Ho ben poco da aggiungere, però.

    Ieri sono andata a vedere, per la seconda volta, la casa in campagna dove dovrei andare a vivere. Abbiamo conosciuto la vicina di casa che, ad un certo punto, ci ha chiesto che lavoro facevamo. Andrea ha risposto: io lavoro alla telecom, lei non lavora.
    E lei: beh, è giusto. Così lei sta a casa a fare i bambini...

    A parte la risposta triste, noi non ce la siamo nemmeno più sentita di discutere. Alla fine anche chi arriva a rivedere la propria vita quotidiana (si stava parlando di una signora che viveva in campagna, da sola!) non rivede effettivamente i parametri di base su cui questa società è fondata...

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  3. Un abbraccio a entrambi! :D

    Alessio: eh, purtroppo è una cosa che si può dire solo scherzando...
    Esatto, non potevo non mettere qualcosa di Illich! Sono contento che tu abbia gradito anche la piccola "introduzione"; in un certo senso si ricollega al tuo post su Del Re. :)
    Per quanto riguarda l'istruzione ovviamente sono d'accordo, ma già lo sapevi.

    Alice: idem: "ben sapevo!" :)
    Spero che riusciate ad andarci il più presto possibile. Anche se, come ti avevo già detto, ero quasi convinto che la vostra vita in campagna fosse già iniziata.
    Voglio andarci anch'io! :D
    La risposta in effetti è stata un po' "triste", ma immagino che tu abbia già sentito di peggio, e quei "parametri di base" purtroppo sono ben consolidati.

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  4. Moooolto di peggio. Questa almeno non è stata propriamente offensiva :-D

    Ma perché, la tomba che ho visto ad un incrocio, a genova? Diceva solo "abbiamo condiviso adolescenza, lavoro e tempo libero".

    sarò cinica... ma meglio morire, a quel punto.
    Purtroppo la vita in campagna è ancora un miraggio. Ci vorrà del tempo... ed oggi calcolavamo che probabilmente ci vorrà ancora un anno di agonia, nella migliore delle ipotesi. Non passerà mai.

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  5. sto leggendo i romanzi di Christopher Isherwood... E non so perché ma mi ha fatto pensare, in qualche modo, a te e a quello che hai scritto qui sopra.

    Forse perché si respira aria di precarietà emotiva. Perché, in mezzo a tanta gente che si arrabatta per arrivare alla fine della vita, ci siamo noi... che prendiamo appunti e notiamo e ci incazziamo e tentiamo di sorridere.
    Non so.
    Ora sto leggendo Addio a berlino. Non so se ti potrebbe piacere, se lo incontrassi nel tuo cammino dagli una possibilità.

    Ciao!

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  6. Be'... in effetti non era una scritta allegrissima, ecco. :D
    Un anno... resisti!

    Grazie anche per il secondo commento, e sì dai, il sorriso resta!
    A "Addio a Berlino" ovviamente gliela do più che volentieri una possibilità! Poi ti faccio sapere, anche se ora sono in un periodo fantascienza. :D

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  7. hai trovato qualcosa di buono? io con la fantascienza ho un rapporto difficile, sulla carta...

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  8. Mah, niente di "sconosciuto"... Ora sto leggendo Nemesis, di Asimov, e lì in attesa ho La fine dell'eternità, sempre di Asimov, e Luce Virtuale di Gibson. Tu hai qualcosa da consigliare?

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  9. mah, l'unico degno di nota degli ultimi ANNI (sigh) è stato Futuro in trance... E poi, va beh, la trilogia di Asimov, anche se di buono ha giusto le teorie di base. Il resto si perde in letteratura da passeggio, in fondo...

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  10. Se è il più degno di nota addirittura degli ultimi anni mi sa che merita, mi hai incuriosito.
    Di Asimov anch'io avevo letto la trilogia della fondazione, e poi anche l'Orlo della Fondazione e Fondazione e Terra. C'è poco da fare, leggere di mondi lontani e viaggi spaziali mi affascina troppo, anche se capisco quello che vuoi dire...

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  11. il mio problema è che ho bisogno che qualcosa sia scritto bene. Ed il "bene" è relativo al periodo in cui sono e a quello che sto cercando. la fantascienza, in generale, proprio non rientra nei miei gusti prettamente letterari... mentre sono affascinata dai contenuti. Probabilmente è per questo che la amo tantissimo nel cinema...

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