martedì 30 agosto 2011

Body Bags - Corpi estranei


Body Bags
Di John Carpenter, Tobe Hooper, Larry Sulkis, 1993 (USA)
Con John Carpenter, Mark Hamill, Sam Raimi, Wes Craven, Tobe Hooper, Robert Carradine, Roger Corman, Gregory Nicotero, Peter Jason
Scritto da Billy Brown, Dan Angel
Montaggio di Edward A. Warschilka
Fotografia di Gary B. Kibbe
Musiche di John Carpenter, Jim Lang
Durata: 91 min.


Un John Carpenter dall'aspetto cadaverico ma pieno di energie e dalla parlantina facile si rivolge direttamente allo spettatore dal suo obitorio iniziando a dissertare su sangue, incidenti mortali, omicidi e corpi senza vita. Dopo qualche minuto, introduce il primo dei tre episodi che compongono il film, Gas Station: Anne, che ha appena trovato lavoro in una stazione di servizio, deve fare il suo primo turno di notte; il ragazzo del turno precedente le spiega allora le poche cose di cui deve occuparsi e poi se ne va, lasciandola sola e un po' irrequieta. Già dopo pochi attimi, inizieranno i problemi, fra strani personaggi, clienti distratti che si prenderanno una cotta per lei e... un serial killer in cerca di un rifugio sicuro per passare la notte. Diretto da Carpenter, è forse l'episodio migliore dei tre, nonostante la trama sia banale e i colpi di scena più che prevedibili.
Si ritorna all'obitorio, con il solito Carpenter che introduce il secondo episodio, Hair, che viene attribuito allo stesso Carpenter ma che in realtà sembra essere stato diretto da Sulkis... Ad ogni modo, la storia è questa: Richard, ossessionato dalla sua calvizie incipiente, si rivolge ad un nuovo centro che propone una cura infallibile e garantisce una nuova chioma selvaggia e lucente nel giro di una notte. Dopo aver litigato con la moglie ed essersi sottoposto al trattamento, Richard torna a casa e si addormenta fiducioso di risvegliarsi con un nuovo look. Sarà così, ma i capelli cresceranno incessantemente fino a prendere vita. Questo è l'episodio più dichiaratamente comico dei tre, e forse anche il più originale. Gradevole l'interpretazione di Keach.
E rieccoci all'obitorio, con qualche battuta del solito Carpenter che commenta l'episodio appena visto e introduce l'ultima parte, diretta da Tobe Hooper: Brent Matthews, un giocatore di baseball che aspetta la chiamata di una grande squadra, perde un occhio durante un incidente automobilistico provocato da un cervo fermo in mezzo alla strada. Terrorizzato all'idea di dover interrompere la propria carriera sportiva, accetta la proposta di un medico che gli illustra un nuovo e rivoluzionario metodo di trapianto dell'occhio. L'operazione riesce perfettamente, ma dopo qualche giorno diventa vittima di macabre visioni ed improvvisi cambiamenti d'umore che sfociano nella violenza. Sempre più preoccupato, riesce a farsi dire dal dottore che lo ha operato che il suo nuovo occhio apparteneva ad un pericoloso assassino giustiziato da poco. L'episodio funziona soprattutto grazie a Mark Hamill, bravissimo nell'interpretare il giocatore di baseball posseduto (la scena della foto è memorabile).
Inizialmente creato per essere l'episodio pilota di una lunga serie che la rete televisiva ha poi deciso di non produrre, questo censuratissimo film tv diviso in tre episodi si fa notare per il mix non sempre riuscito ma comunque gradevole di horror e umorismo quasi demenziale. Mi ha piacevolmente sorpreso, dato che la maggior parte delle critiche che avevo letto prima di procurarmelo erano negative. Dimenticabile ma carino.


I have to finish diggin' your grave!

venerdì 19 agosto 2011

Nove



Una settimana senza modem. Ottenerne uno di ricambio è stato molto più difficile del previsto. Alla fine ce l'ho fatta, ma pur potendo connettermi non ho aggiornato il blog né lasciato commenti in giro; magari passavo, ma senza farmi vedere.
Comunque, come a volte capita su WFTRD, faccio una specie di carrellata di una parte dei film che mi sono visto (o rivisto) ultimamente, e anche se di solito tendo a non parlare di quelli che non mi sono piaciuti, uno era talmente ridicolo che non ho potuto non metterlo. Sono tanti, probabilmente avrei dovuto dividerli in più post, ma mi andava di fare così... Complimenti a chi arriva fino in fondo!

Atto di forza – Paul Verhoeven, 1990, 113 min.
Con Arnold Schwarzenegger, Michael Ironside, Sharon Stone

Se ne parlava qui, e allora, dopo anni e anni, mi è venuta voglia di rivederlo. Me lo ricordavo bello, ma non fino a questo punto: Atto di forza è un capolavoro!
Tratta da un racconto di Dick che non ho letto, la storia è questa: un operaio (Schwarzenegger), tormentato da incubi in cui si ritrova a morire soffocato sulla superficie di Marte, viene attirato dalla reclame di un'azienda che offre una vasta gamma di “ricordi” da inserire nel cervello del cliente, e che gli permetteranno di riviverli senza problemi. In pratica è un po' il contrario di quello che succede qui . La moglie e un suo collega sembrano particolarmente colpiti da questo suo interesse, e provano in tutti i modi a farlo desistere, facendogli presente che il processo tramite cui i ricordi vengono inseriti nella mente può causare gravi danni al cervello. Lui all'inizio si fa convincere, ma poi finisce per cambiare idea e si sottopone all'operazione. Qualcosa però va storto, il tentativo di innesto fa tornare a galla vecchi ricordi, e Arnold scopre di essere già stato su Marte in qualità di agente segreto. Ma per chi lavorava davvero? E chi è stato a cancellargli la memoria?
Verhoeven, tre anni dopo RoboCop, tira fuori quello che per me è senza dubbio il suo film migliore (quelli precedenti al suo trasferimento negli USA non li ho visti). Ottima regia, buona sceneggiatura, effetti speciali impressionanti ancora oggi... è tutto talmente curato che pure Schwarzenegger risulta credibile. Immancabile.


Antichrist – Lars von Trier, 2009, 108 min.
Con Charlotte Gainsbourg, Willem Dafoe

Lui e lei fanno l'amore; nessun suono, solo musica classica ad alto volume ed immagini esplicite. Nel frattempo il figlioletto riesce ad uscire dal lettino, si arrampica sul davanzale, perde l'equilibrio e cade nel vuoto: morte istantanea. Tormentata dai sensi di colpa, lei entra in crisi e, priva di forze, è costretta a passare un mese in ospedale. Lui, psicologo, non condivide la metodologia con cui i dottori del posto curano la moglie, allora inizia ad occuparsene in prima persona, e per iniziare la terapia la porta in una casa sperduta in mezzo ai boschi.
Uscito in seguito a un lungo periodo di depressione di von Trier, Antichrist è un film complesso a cui è possibile dare un'infinità di definizioni e significati. Durante la visione non ho minimamente provato a pensare ai vari riferimenti religiosi presenti al suo interno (almeno credo) e ho visto il tutto come una specie di film sul superamento di un trauma, sui problemi di coppia e, soprattutto, sulla donna. Accusato di essere profondamente misogino, io l'ho trovato in realtà quasi femminista. Ma probabilmente sbaglio io, non so... Ad ogni modo mi ha coinvolto non poco. Stilisticamente magnifico, curato e perfettamente recitato, riesce nell'intento di disturbare profondamente lo spettatore. Certo è facile odiarlo, ma merita comunque di essere visto.


The Ward - John Carpenter, 2010, 88 min.
Con Amber Heard, Mamie Gummer, Danielle Panabaker, Lyndsy Fonseca, Jared Harris

Non avevo mai avuto l'occasione di “aspettare” un film di Carpenter. Anzi sì: Vampires e Fantasmi da Marte, ma non contano, perché all'epoca ancora non lo adoravo come lo adoro ora. I precedenti, invece, li ho tutti recuperati parecchi anni dopo l'uscita.
Qui siamo sicuramente lontanissimi da capolavori come Essi Vivono, La Cosa o Distretto 13: le brigate della morte, e non vengono nemmeno raggiunti i livelli del sottovalutatissimo Christine o di Grosso guaio a Chinatown, eppure non ci si annoia mai e il film è nell'insieme davvero godibile. Purtroppo la maggior parte degli spaventi sono provocati da rumori improvvisi a tutto volume col “cattivo” che sbuca dal nulla, la trama è banale e la recitazione non è certo indimenticabile, ma Carpenter riesce comunque a svolgere più che discretamente il proprio compito. Molto bella l'ambientazione anni '60. I tre cuori sono di stima, ma va be'...

Niente da nascondere - Michael Haneke, 2005,  117 min.
Con Daniel Auteuil, Juliette Binoche

Era forse il film che mi mancava per capire meglio il cinema di Haneke. Funny Games, ad esempio, proprio non mi era andato giù, mentre ero rimasto impressionato da La Pianista. Poi, su consiglio di Einzige, ho recuperato questo Caché (nascosto), tradotto Niente da nascondere, e l'ho trovato fantastico.
Georges e Anne ricevono una serie di nastri contenenti ore e ore di registrazioni della loro casa, ripresa da fuori da una telecamera fissa. All'inizio lo prendono come una specie di scherzo ma poi, insieme ai nastri, ricevono anche degli inquietanti disegni. Quando, al posto del solito video della facciata della casa, ricevono una registrazione della vecchia tenuta di campagna di Georges, questi inizia a farsi un'idea di chi possa essere il mittente, e si mette sulle sue tracce.
Le intenzioni di Caché ricordano in parte quelle di Funny Games: mostrare il lato più realistico della violenza – in questo caso soprattutto psicologica –, rendendo il disagio il più veritiero possibile. Haneke non dà risposte chiare e rende lo spettatore una sorta di guardone. È un film quasi perfetto, perché ogni scena, anche quella apparentemente più insignificante, riesce a trasmettere il malessere e il fastidio provato dai protagonisti. Bellissimo.

World Invasion - Jonathan Liebesman, 2011, 116 min.
Con Aaron Eckhart, Michelle Rodriguez, Ramon Rodriguez

La trama è la solita: gli alieni ci invadono. Questa volta però la sceneggiatura si concentra unicamente sui belli, coraggiosi, politicamente corretti, leali, patriottici e profumati marines del gloriosissimo esercito americano.

Ora, che gli eserciti di ogni tipo siano una delle dimostrazioni più evidenti della stupidità umana è per me assodato, e sfido chiunque a convincermi del contrario; tuttavia, guardando un certo tipo di film, uno prova a dimenticarlo e a godersi per quanto possibile lo svolgimento della trama. Ma qui è impossibile: questa non è fantascienza, non è azione, è pura propaganda militarista, un imbarazzante video di reclutamento di quasi due ore. Non sto esagerando, magari guardatevelo per farvi due risate e capirete. Eckart d'altronde sembra il primo a non credere al suo personaggio (il ruolo comunque lo ha accettato lui). Ci sono  anche Michelle Rodriguez, sempre nel solito ruolo, e Ramon Rodriguez, la cui notevole somiglianza con Pete Sampras è stata senza dubbio l'elemento più efficace di tutto il film. Una merda!


Bubba Ho-Tep - Don Coscarelli, 2002, 92 min.
Con Bruce Campbell, Ossie Davis, Ella Joyce


Elvis Presley, ormai stanco di essere considerato un Re dal successo sempre più invadente, decide di dare una svolta alla propria vita prendendo il posto di Sebastian Haff, un suo sosia che incomincia a sostituirlo sia sul palco che nella vita di tutti i giorni. Intanto, nei panni di Haff, Elvis si costruisce una nuova esistenza lontano dai riflettori, e per riassaporare i brividi di esibirsi davanti a un pubblico si mette a suonare con una cover band facendo finta di impersonare se stesso. I due hanno anche firmato un contratto che permetterebbe ad Elvis, qualora ne avesse l'intenzione, di riprendersi la propria identità in qualsiasi momento. Il film ha però inizio molti anni dopo, quando Elvis – che tutti credono sia morto ma che è invece vivo e vegeto nei panni di Haff – si ritrova bloccato in un ospizio, claudicante e ormai parecchio in là con gli anni. A scuotere la solita routine, ci penseranno un altro ospite dell'ospizio convinto di essere Kennedy, e un'antica mummia vestita da cowboy che succhia le anime dal buco del culo delle sue vittime.
C'è un po' di tutto, in questa commedia: il dramma, il fantasy, un po' di horror... mummie vestite da cowboy... ma più che altro c'è lui, Bruce Campbell, la cui sola presenza basterebbe a giustificare la visione del film. Eppure si va oltre: la sceneggiatura è curata, divertente e ben strutturata, i personaggi ben caratterizzati e il risultato finale è davvero ottimo.
È previsto un prequel, Bubba Nosferatu: Curse of the She-Vampires, sempre di Coscarelli ma senza Bruce Campbell. Sembrava che Don Perlman dovesse rimpiazzarlo, ma nella scheda imdb del film è sparito anche il suo nome. C'è da dire che senza Campbell non avrebbe senso nemmeno parlarne, di questo prequel, figuriamoci produrlo, realizzarlo e poi distribuirlo...

L'uomo senza passato - Aki Kaurismäki, 2002, 97 min.
Con Markku Peltola, Kati Outinen, Outi Mäenpää


Kaurismäki non lo avevo mai considerato. Poi, su consiglio di Ford, ho recuperato un suo film e me sono innamorato. Due in particolare mi hanno colpito: Ombre nel paradiso e L'uomo senza passato. Molto carino anche Le luci della sera, meno coinvolgente invece Calamari Union, che mi sono comunque goduto...

Appena arrivato a Helsinki, un uomo si fa pestare al punto da perdere la memoria. Dato quasi per morto, si risveglia, scappa dall'ospedale e si rifugia in periferia. Lì conosce un gruppo di persone che vivono in freddi container, stringe amicizia con alcuni di loro, si innamora e ricomincia una nuova vita. Ma il passato torna prepotentemente a fargli visita...
Un film lento, a metà fra dramma e commedia, con dialoghi surreali e atmosfere stupende che a tratti fanno pensare anche a Jarmusch.


Sátántangó - Béla Tarr, 1994, 420 min.
Con Mihály Vig, Putyi Horváth, László feLugossy, Éva Almássy Albert, Miklós Székely B.

Un gruppo di contadini ungheresi riunitisi in una comunità agricola è costretto ad affrontare il fallimento totale del progetto. In contemporanea con la consegna dell'ultima paga, torna Irimiás , un membro del villaggio dato per morto due anni prima. Rispettato e quasi temuto da tutti, Irimiás convincerà la maggior parte dei contadini rimasti a dargli i soldi per finanziare una seconda comunità.
Molti personaggi, pochi dialoghi, lunghi piani sequenza e dodici capitoli per un totale di sette ore abbondanti di pellicola. La narrazione prima si svolge in modo cronologico e poi torna indietro per concludersi nel punto esatto in cui ha inizio il film. Non succede molto e le lunghe e surreali scene senza tagli finiscono per diventare quasi ipnotiche. La maggior parte della storia si svolge nella fredda, fangosa e umida fattoria semi-abbandonata in cui abitano i vari personaggi. Si parla dell'uomo, della vita, dell'autorità (incarnata da Irimiás), in un contesto in cui ogni azione sembra inutile e destinata al fallimento.
La scena del gatto mi ha spiazzato un po'. Si dice che in realtà non gli sia stato fatto alcun male. In caso contrario, per quanto mi riguarda, ci sarebbe da rivalutare l'intero film.
Affascinante quanto spossante, anche questo merita una visione.


L'ora del lupo - Ingmar Bergman, 1968, 90 min.
Con Max von Sydow, Liv Ullmann
Johan Borg, pittore di successo in piena crisi creativa, si trasferisce con la moglie Alma su un'isola deserta. Dopo qualche tempo le sue condizioni peggiorano, e a causa della sua paura del buio, costringe Alma a restare sveglia con lui in attesa dell'alba. Ma le sue ossessioni aumentano col passare dei giorni, ed i suoi incubi cominciano a materializzarsi sotto forma di inquietanti personaggi che si rifugiano in un castello dall'altra parte dell'isola. Il disagio di Johan crescerà al punto che anche Alma si troverà coinvolta nelle sue paranoie.
Guardando quello che viene presentato come l'unico film horror di Bergman, mi è venuto spesso da pensare al cinema di Lynch e a 8½ di Fellini, sia per il carattere onirico di certe scene che per il modo in cui i personaggi immaginari, o incubi, vengono presentati allo spettatore. Una specie di sogno, cupo e inquietante.