lunedì 26 marzo 2012

Undisputed Trilogy


Non sono mai stato un particolare fan dei film di arti marziali o degli sport da combattimento, però, come molti umani maschi nati all'inizio degli anni '80, sono cinematograficamente cresciuto anche coi film di Van Damme e soci. Con questa trilogia (in particolar modo coi due film di Florentine) mi è sembrato di tornare indietro nel tempo e quindi eccoci qui. Sono ovviamente presenti spoiler.

Nel 2002, fra l'indifferenza generale, esce Undisputed. Alla regia un veterano del genere, Walter Hill, che si occupa anche della sceneggiatura insieme a David Giler, i cui lavori di maggior rilievo rimangono quelli legati alla saga di Alien. Il film è un onesto dramma carcerario con Wesley Snipes e Ving Rhames, senza nulla di particolare da dire ma ben diretto e tutto sommato gradevole. La storia è semplice: George Chambers, famosissimo campione di boxe ispirato alla figura di Mike Tyson, viene accusato di stupro e rinchiuso in un carcere in mezzo al deserto. Il boss mafioso Peter Falk ne approfitta per organizzare un incontro fra Chambers e Monroe Hutchen, ex giovane promessa della boxe, imbattuto da più di dieci anni di tornei carcerari.
Quattro anni dopo, con l'aiuto di alcuni produttori del primo, si decide di girare un sequel. E si saranno chiesti: “che stile gli diamo, come lo facciamo?” La risposta dev'essere stata un coro unanime del tipo: “facciamolo ZARRO!” E così è stato.


E quindi, riprendendo a grandi linee la trama del primo ma invertendo buoni e cattivi, chiamano Michael Jai White nel ruolo di Chambers e Scott Adkins in quello del personaggio d'azione più pericoloso che si sia visto in giro negli ultimi anni: Yuri Boyka, “the most complete fighter in the world; the next stage”, come a lui piace tanto ricordare. White già lo si era visto in giro in qualche blockbuster sparso e in Black Dynamite, quasi sempre “in borghese”, e poi anche nel bruttino Blood and Bone, dove interpreta un ruolo molto simile a quello di Chambers, non tanto per quanto riguarda la personalità, quanto per l'abilità nello spaccare i culi. E poi c'è questo Adkins, che io non conoscevo (in realtà aveva fatto qualche comparsata in film come Danny the Dog e Bourne Ultimatum) e che, come si scriveva prima, riesce a conquistare pubblico e critica (?) guadagnandosi pure il ruolo da protagonista nel terzo capitolo. In questa serie, infatti, hanno l'abitudine di fare del cattivo di un film il personaggio principale del seguente: Chambers (ma non Ving Rhames) torna nel secondo e diventa buono, Boyka torna nel terzo e diventa un filino meno cattivo. Ma per ora fermiamoci al secondo: The Last Man Standing.
Chambers, dopo essersi fatto mazzolare da Snipes, si trova in Russia per girare uno spot pubblicitario e per una serie di incontri organizzati. Si dà il caso che lì in Russia ci sia anche Gaga, un mafioso che si occupa di scommesse sui combattimenti fra carcerati. Preoccupato per il suo giro d'affari, Gaga fa in modo che Chambers venga trovato in possesso di un grande quantitativo di droga e sia quindi rinchiuso nel carcere in cui si trova Boyka. Le sue intenzioni sono chiare: organizzare un incontro fra i due. Ed è proprio sulla fisicità di Jai White e di Adkins che si regge il film.
Il primo è il cattivo buono per cui si fa il tifo e che si allena su questa canzone qui, il secondo è uno spietatissimo russo dal passato oscuro, capo incontrastato della prigione; cattivo, ma a suo modo anche leale: c'è un momento in cui per facilitargli le cose gli drogano a sua insaputa l'avversario, che lui quindi batte senza troppi problemi (lo avrebbe battuto comunque, diciamolo); quando lui però viene a saperlo la prende malino e “spiega” ai malcapitati di turno che per vincere non ha bisogno di certi trucchetti.


Le differenze fra il film di Walter Hill e questo di Florentine appaiono evidenti fin da subito. Il primo è un sottovalutato dramma d'azione senza pretese diretto da uno che il cinema d'azione sa come trattarlo, peraltro già avvezzo ai film di combattimento; il secondo abbandona (ma non del tutto) le componenti più drammatiche e si concentra su quelle adrenaliniche, diventando pura apologia della tamarraggine. La storia c'è ma, malgrado Florentine e soci abbiano fatto un buon lavoro nel curare una trama che non diventi una mera scusa per arrivare alle scene di violenza, i combattimenti rappresentano sicuramente il punto di maggior interesse della pellicola. Diretti ed eseguiti con stupefacente maestria, contengono mosse inimmaginabili e cartelle in faccia che ti fai male solo a guardarle. La macchina da presa non viene scossa freneticamente per inserire lo spettatore nell'azione, il montaggio è ridotto al minimo se si pensa ad altri combattimenti corpo a corpo del cinema americano recente e i virtuosismi si limitano a pochi ralenti ed accelerazioni improvvise.
È una ricetta che funziona e infatti, quando quattro anni dopo arriva il momento dell'inevitabile terzo capitolo, gli ingredienti restano più o meno gli stessi.
Boyka, sempre più zarro ma con una gamba praticamente fuori uso, si offende quando nel carcere in cui un tempo spadroneggiava arriva un nuovo campione di arti marziali, che Gaga (sempre lui) sceglierà per partecipare ad un importante torneo fra carcerati al cui vincitore verrà garantita la libertà. Credibilità della trama prossima allo zero ma applausi garantiti già dopo pochi minuti, quando Boyka irrompe nella sala in cui il nuovo campioncino ha appena vinto un incontro, gli lancia addosso un secchio d'acqua e lo sfida a combattere. Vince facile, e si aggiudica un posto al torneo.
L'unica differenza rispetto al secondo è il modo in cui viene strutturata la vicenda: al torneo partecipano otto atleti e vediamo tutti i combattimenti, anche quando sul ring non ci sono Boyka o il suo nuovo amichetto del cuore Turbo, secondo protagonista del film. Il cattivo, in questo caso, è interpretato da un certo Zaror, efficace nella parte di un assassino squilibrato. Calci rotanti e sganassoni vari trovano spazio anche al di fuori del ring, ad esempio in una mega rissa fra Boyka, Turbo e una ventina di secondini armati di manganello.
Non sono certo pellicole adatte a tutti, ma rappresentano una visione obbligatoria per gli appassionati dei film di legnate. Va anche detto che chiunque di voi sia un patito del genere avrà già visto tutt'e tre i film, il che rende questa recensione fondamentalmente inutile.

Undisputed (Walter Hill, 2002) 12/20
Undisputed 2: Last Man Standing (Isaac Florentine, 2006) 13/20
Undisputed 3: Redemption (Isaac Florentine, 2010) 13/20

10 commenti:

  1. Grande Ottimista!
    Ti sei intamarrito apposta per questa tripletta, bravissimo!
    Boyka rules! :)

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    1. Grazie Ford, sapevo che avresti apprezzato.

      Boyka è zarro in modo commovente.

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  2. visto il secondo!!! C'è Boyka!
    Il terzo è lì pronto da vedere, serata giusta e lo guardo.
    Del primo ho visto per caso tutta la parte finale (secondo tempo), ma non c'è Boyka.

    Manca giusto JCVD per essere una trilogia perfetta! :)

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    1. Per vedere i due di Florentine in effetti non è essenziale recuperare quello di Hill. Se ti è piaciuto il secondo ti piacerà anche il terzo, quindi vai tranquillo e divertiti! :D
      JCVD manca, sì. :)

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  3. A proposito di JCVD, mi piacerebbe che recensissi proprio il titolo omonimo.
    Dai, Ottimista: tira fuori il tamarro che è in te!

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    1. Ahah, ma JCVD è probabilmente il film meno tamarro di Van Damme. :D

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  4. MITICO!!! Non è assolutamente inutile la tua recensione anzi, dimostra come Boyka a poco a poco sta facendo breccia nel cuore di chiunque :D

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    1. Ahah, è vero, è sicuramente un personaggio che non si dimentica facilmente. :D

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  5. porca miseria, devo ancora vedermi il 2 e il 3!
    ormai non ho più scuse, ora che anche te hai dimostrato il tuo apprezzamento per i "film di legnate"!

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