lunedì 30 gennaio 2012

Naboer


 
Di Pål Sletaune, 2005 (Norvegia, Danimarca, Svezia), 75 min.
Con Kristoffer Joner, Cecilie A.Mosli, Julia Schacht, Anna Bache-Wiig, Michael Nyqvist
Scritto da Pål Sletaune

John si è appena fatto lasciare dalla fidanzata. Lei, Ingrid, la vediamo tornare un'ultima volta nell'appartamento che condividevano per raccattare le sue ultime cose. Lui è distrutto, apparentemente pentito per avvenimenti che ancora non ci è dato sapere; prova a parlarle, a farla restare, ma inutilmente. Poche ore dopo, tornando a casa dal lavoro, John conosce Anne, la vicina dell'appartamenteo accanto, che lo invita subito a casa sua e di sua sorella per farsi aiutare a spostare un mobile e bere qualcosa. Lui accetta, ma qualcosa nel comportamento delle due ragazze lo insospettisce: parlano in modo strano, gli raccontano dettagliatamente alcune loro esperienze sessuali e, soprattutto, conoscono particolari privati della sua storia con Ingrid.

Costruire un thriller psicologico di questo tipo, limitandone la durata a poco più di settanta minuti, consente a Sletaune di essere estremanente diretto. Non si perde tempo, si entra da subito nel vivo e già dopo poche scene si viene coinvolti nel morboso ed ossessivo labirinto mentale del protagonista.
La storia e la tecnica scelta per raccontarla non presentano nulla di nuovo, tanto che ad un certo punto, per qualche istante, si ha quasi il timore di assistere ad un mero esercizio di stile con l'unico scopo di stupire lo spettatore, di fargli credere una cosa per poi sorprenderlo poco dopo – procedimento apprezzabile in certi film, magari anche meno riusciti di questo, ma che qui avrebbe forse avuto il sapore di una semplice presa in giro. E invece, tramite alcuni indizi che il regista norvegese non si preoccupa troppo di nascondere, risultano subito evidenti le sue finalità.
La casa delle due sorelle non risponde a nessuna regola precisa, i corridoi si allungano e si stringono a seconda delle esigenze, i mobili vengono spostati senza motivo e uno spazio ristretto come può essere un piccolo appartamento si trasforma in un territorio indefinito, plasmabile e ricco di insidie.  Mancano riferimenti e certezze, e gran parte del merito va alla regia curata ed elegante di Sletaune. 
Joner, viso perfetto per il ruolo e sguardo freddo quanto basta, è bravissimo nel comunicare i sentimenti di un personaggio consapevole di trovarsi incastrato fra realtà e finzione, terrorizzato dall'impossibilità di giungere ad una risoluzione pacifica e quindi sempre più vittima delle conturbanti sorelle e dei propri incubi. La risposta alle sue domande è a portata di mano, ma potrebbe rivelarsi ben più dolorosa del previsto, meglio quindi rifugiarsi nel rifiuto, fino all'ultimo istante.
Indimenticabile la scena finale, forse prevedibile ma a suo modo perfetta. Naboer è un piccolo film che avrebbe meritato molta più attenzione.

Qui  trovate la recensione di Elio.

15/20


martedì 17 gennaio 2012

La Cosa (2011)


The Thing
Di Matthijs van Heijningen Jr., 2011 (USA, Canada), 103 min.
Con Mary Elizabeth Winstead, Joel Edgerton, Ulrich Tomsen
Scritto da Eric Heisserer, tratto dal racconto di John Campbell

Inizio ripetendo un concetto che avevo già espresso nella recensione di Let me in: non sono contro i remake. Spesso si rivelano inutili, fastidiosi e magari anche irrispettosi, ma non sono contro. Nemmeno quando sono fatti male ed è palese che l'unico motivo della loro esistenza è rappresentato dalla speranza di chi lo finanzia di incassare più di quanto sia stato speso per produrlo, figuriamoci poi quando magari vengono bene o permettono, a chi se lo fosse perso, di riscoprire l'originale.
Detto questo, è naturale che certe operazioni facciano quantomeno storcere il naso. Se per quanto riguarda Let me in lo scetticismo era da imputare al fatto che lo stesso film era già stato diretto in modo pressoché identico appena due anni prima, in questo caso lo si deve ad un altro piccolo dettaglio: La Cosa, quello del 1982, è un capolavoro intoccabile. Quindi mi contraddico subito e ammetto che la mia prima reazione alla notizia che ne avrebbero fatto un remake è stata: “ma come si permettono?!”
Ora però occorre puntualizzare: La Cosa non è un remake, ma un prequel. Se questo sia un bene o un male non saprei dirlo, quel che è certo è che quello del 1982 non necessitava di alcun dettaglio o spiegazione in più. Inoltre, il film di Matthijs van Heijningen, pur non essendo un vero e proprio remake, ha una vicenda strutturata in modo estremamente simile a quella di Carpenter. Ed ecco quindi che ci viene mostrato il modo in cui viene decimato il gruppo dei norvegesi scopritori dell'alieno, fino alla scena dell'husky che apre il sequel. Il rischio spoiler, ovviamente, non c'è.


Si inizia, quindi, con un gatto delle nevi al cui interno vi sono tre scienziati norvegesi che, tanto per far capire da subito l'atmosferà che regnerà, si raccontano barzellette sporche. All'improvviso si apre un crepaccio, il mezzo precipita e si incastra in una posizione che permette a chi lo guida di limitarsi ad accendere i faretti e scoprire una gigantesca astronave. Il capo del team di cui fanno parte, infoiatissimo per la scoperta, chiama subito a raccolta un gruppo di scienziati da tutto il mondo, fra cui spicca la giovanissima ma già superesperta Kate. Non c'è nemmeno il tempo per le presentazioni che subito si inizia a lavorare per recuperare il corpo dell'alieno rinvenuto poco lontano dall'astronave e sepolto sotto un metro di ghiaccio. E dopo questi primi venti minuti di pellicola io ancora pensavo di poter assistere ad un qualcosa di un minimo decente. Invece no. Il primo segnale di allarme arriva quando Mr. Eko, mentre tutti sono occupati a bere e a ridersela della grossa pensando a quanto diventeranno ricchi e famosi per aver scoperto una nuova forma di vita, si avvicina al blocco di ghiaccio che contiene l'alieno, lo esamina angosciato, e si fa poi terrorizzare da un buontempone norvegese sbucato dal nulla che gli urla alle spalle. Fortunatamente (o forse no), questa è anche la scena più spaventosa del film, preludio ad ottanta minuti di sbadigli e alieni deformi in CGI.


I riferimenti al film di Carpenter sono tanti, già a partire dai caratteri cubitali della locandina, ma il rischio di dover comparare scena per scena i due lavori svanisce quando diventa chiaro che non ne varrebbe nemmeno la pena. Né per il povero van Heijningen, né tantomeno per il povero spettatore. Ma il vero problema del film è che non funzionerebbe neppure se uno dovesse far finta che sia la prima trasposizione del racconto di Campbell. Prima di tutto vi è il problema della completa assenza di angoscia. Un problema non da poco, per un horror fantascientifico ambientato in mezzo ai ghiacci. La storia va infatti avanti seguendo sempre il solito schema: l'alieno si impossessa di una persona a caso, si scopre chi è, lo si brucia col lanciafiamme e avanti così in un'altra stanza, se prima era la cucina ora è il laboratorio. È vero, le cose da fare in una stazione sperduta in mezzo ai ghiacci non sono molte, eppure – e qui il paragone scatta comunque – Carpenter riusciva davvero a terrorizzare. C'era la solitudine dei protagonisti, la paura dell'ignoto, un'eccellente costruzione della tensione... Qui no. Non basta ambientare il film in una location suggestiva quale può essere L'Antartide, per riuscire a trasmettere smarrimento e inquietudine, perché l'ambientazione devi anche saperla sfruttare.
Poi c'è l'alieno, che vediamo unicamente grazie ad un uso sfrenato ed irresponsabile del computer, e che quindi non disgusta nemmeno per sbaglio: si contorce, urla, si apre in due, ha zanne e artigli che gli si formano in ogni parte del corpo, cammina come un ragno e si impossessa delle sue vittime deformandole nei modi più fantasiosi, ma il massimo che riesce a suscitare è qualche risatina.
Si arriva infine al difetto principale della pellicola: la noia. Tanta, a tratti quasi insopportabile, dovuta sia ad una scarsa caratterizzazione dei personaggi che alle prevedibilità del tutto.
È un peccato, perché il rispetto che regista e sceneggiatore provano per l'opera a cui si ispirano è evidente, ed i collegamenti fra i due film non si limitano certo al finale con l'husky, eppure è tutto talmente spento e privo di mordente che non riesce ad intrattenere per più di venti minuti.

06/20


lunedì 16 gennaio 2012

The man from nowhere


Ajeossi
Di Jeong-beom Lee, 2010 (Corea del Sud), 119 min.
Con Bin Won, Thanayong Wongtrakul, Sae-ron Kim, Hyo-seo Kim
Scritto da Jeong-beom Lee

Hyo-jeong, fra il lavoro e le iniezioni di eroina, non ha né tempo né voglia di occuparsi della figlia So-mi, che trascorre allora la maggior parte del tempo con Cha Tae-sik, uno schivo e misterioso vicino a cui sembra affezionatissima. A complicare le cose ci pensa la madre, colpevole di aver rubato una borsa piena di droga alla gente sbagliata. In poco tempo i gangters la rintracciano, rapiscono sia lei che la figlia e obbligano Cha Tae-sik a lavorare per loro in cambio della libertà delle due donne. L'uomo si ritroverà in trappola, inseguito dalla polizia e coinvolto in un giro di traffico di organi.

Tipico esempio di cinema coreano che riesce ad unire azione, tensione, drammaticità ed un notevole approfondimento dei personaggi. Non ci troviamo esattamente dalle parti di film come I saw the Devil o Memories of Murder, poiché questo The man from nowhere è dichiaratemente più action, ma il livello della messa in scena è più o meno lo stesso.
Dopo un incipit che rivela solo una minima parte dell'azione e della violenza che verranno, Jeong-beom Lee si prende il suo tempo e ci fa entrare in sintonia col protagonista principale insistendo sulla relazione che ha con la piccola So-mi e sugli offuscati ricordi di un passato che preferirebbe dimenticare. Appena diventa chiaro quanto i due personaggi siano importanti l'uno per l'altra, entrano in scena i rapitori, spietati trafficanti di organi senza scrupoli nella cui banda è in atto una guerra interna. Si abbandona la tenerezza, quindi, e viene dato spazio alla cieca determinazione di Cha Tae-Sik che, agguerrito e incazzato, inizia la sua caccia all'uomo per riuscire a liberare la bambina. E se il film funziona nei suoi momenti più drammatici, è proprio nelle sanguinolente e ottimamente coreografate scene d'azione che riesce a dare il meglio.
All'inizio sembra quasi di assistere ad una sorta di Léon, e la trama non contiene nulla di particolarmente originale (la bambina da salvare, l'uomo solitario disposto a tutto pur di riuscirci e in grado di annientare senza troppi problemi gli stolti che proveranno ad impedirglielo...), ma in seguito Jeong-beom Lee, qui al suo secondo lungometraggio, cambia decisamente rotta mettendo su un thriller adrenalinico e spettacolare, con personaggi carismatici e ben definiti (anche se a volte fin troppo sterotipati), in grado di distanziarsi di parecchio dal classico film d'azione hollywoodiano, sia per quanto riguarda il coinvolgimento emotivo che per la qualità della narrazione. A volte può magari sorpendere la facilità con cui Tae-sik si libera dei suoi nemici, ma considerando l'alto livello della produzione, è un piccolo difetto che si è disposti a perdonare senza troppi problemi. In fin dei conti è un film che non delude né gli amanti dell'action orientale né chi è alla ricerca di un thriller più cupo e disperato.

16/20

giovedì 12 gennaio 2012

Naissance des pieuvres




Di Céline Sciamma, 2007 (Francia), 85 min.
Con Pauline Acquart, Louise Blachère, Adele Haenel
Scritto da Céline Sciamma

L'amicizia che lega Marie e Anne rischia di finire quando Marie rimane colpita dall'esibizione di nuoto sincronizzato di Floriane e se ne innamora. Intenzionata a conoscerla, le chiede timidamente di poter assistere alle prove in piscina. Lei accetta, ma solo in cambio di un favore...

Céline Sciamma, che nasce proprio come sceneggiatrice, scrive una storia che si concentra unicamente su tre ragazze quindicenni e sulla loro perdita dell'innocenza. Trama già sentita centinaia di volte ma che in Francia sono sempre bravi ad affrontare allontandosi dai clichés che dominano la maggior parte dei teen movies. Qui in Italia, tanto per fare un esempio a caso, sarebbe stato quantomeno difficile trovare una produzione per una sceneggiatura del genere (la Sciamma, per la cronaca, ci ha messo tre mesi), ché si sa, gli adolescenti vanno descritti col videofonino perennemente in mano, le k al posto delle c e guai ad andare oltre, soprattutto quando si parla di sessualità. Ed è infatti la stessa regista a dirlo in un'intervista: “in Italia questo film non uscirà mai, perché lo giudicano scandaloso”.
Prevedibilissime quindi le varie e noiose accuse di pedofilia e voyeurismo che sono stati rivolte al film e che la Sciamma si dev'essere divertita non poco a leggere.
Naissance des pieuvres (e le piovre, spiega la regista, non sono un riferimento alle giovani nuotatrici, ma a quel mostro che ci cresce dentro quando ci innamoriamo o siamo gelosi, riempiendoci del suo inchiostro) analizza senza timori o censure la nascita del desiderio e della femminilità, visti soprattutto attraverso gli occhi della giovane Marie, vera e propria osservatrice di poche parole la cui unica certezza sembra essere l'infatuazione per Floriane.
A contribuire alla riuscita del film è la quasi completa assenza di riferimenti temporali. È presumibile che la storia si svolga ai giorni nostri, ma gli indizi sono comunque pochi: le protagoniste non vanno in giro col telefonino, non ascoltano musica e non si vestono alla moda – nemmeno Floriane, la ragazza forse più confusa di tutte che continua ad interpretare il ruolo di allumeuse, non tanto perché lo voglia, quanto perché c'est la vie, dice lei. E quello dei ruoli è un altro dei motivi che rendono così interessante la pellicola: la paura del giudizio altrui, di non soddisfare le aspettative e di non rientrare nei canoni imposti sono elementi ben costruiti e su cui si insiste non poco. Le ragazze sembrano  libere ed indipendenti, anche grazie alla totale assenza di personaggi adulti, ma è solo un'apparenza.
Marie, al contempo, prova a fregarsene vivendo la propria avventura senza sottostare a nessuna legge particolare, ma gli ostacoli saranno numerosi.
Film singolare e volutamente ambiguo, le cui ingenuità da opera prima passano decisamente in secondo piano. La Sciamma ha le idee ben chiare e riesce a convincere.

14/20


venerdì 6 gennaio 2012

Il meglio del 2011



Come per la precedente classifica, ho preso in considerazione unicamente l'anno di produzione e non quello di uscita nelle sale. C'è un po' di tutto: drammatico, thriller, horror, commedia... tutti i film che più mi hanno coinvolto.
Scegliere l'ordine è stato un po' complicato, ma mi sono divertito. Buona visione!


20. La guerre est déclarée
Di Valérie Donzelli (Francia), 100 min.
Con Valérie Donzelli, Jérémie Elkaïm
Roméo e Juliette si conoscono ed è subito amore. Fanno un figlio, ma dopo qualche segnale preoccupante scoprono che è affetto da una rara forma di tumore al cervello.
Trama pesante per un film che pesante non è. Almeno non troppo. In giro per i vari Festival a cui ha pertecipato ha riscosso parecchio successo, qualcuno l'ha addirittura paragonato a certi film della Nouvelle Vague. Personalmente mi aspettavo qualcosina in più, e a parer mio c'è forse qualche ingenuità di troppo, ma è vero che la atmosfere sono particolari e il film merita comunque una visione.


19. 50/50
Di Jonathan Levine (USA), 100 min.
Con Joseph Gordon-Levitt, Anna Kendrick, Seth Rogen, Bryce Dallas Howard
Adam, ventisettenne anni, lavoro in radio e relazione complicata, scopre di avere un tumore.
Tratto dalla sceneggiatura autobiografica di Reiser, 50/50 si situa a metà fra il dramma e la commedia, senza essere né troppo strappalacrime né troppo demenziale. Scherzare su un soggetto del genere non è facile, ma Levine e Reiser hanno le idee ben chiare e ogni scena ha un suo perché. Non mi aspettavo molto, ma pur non essendo nulla di indimenticabile è riuscito a stupirmi.


18. Fright Night
Di Craig Gillespie (USA, India), 106 min.
Con Anton Yelchin, Colin Farrell, David Tennant, Toni Collette, Imogen Poots
Uno studente di liceo, preoccupato dall'arrivo di un nuovo vicino, incomincia a sospettare che quest'ultimo sia un vampiro. Nel frattempo, ha inizio una strana catena di omicidi.
Remake dell'omonimo film di Holland del 1985 che ammetto di non aver visto, Fright Night è un film scritto e diretto con intelligenza che riesce a spaventare e divertire insieme, regalando anche qualche piccola scena culto come quella delle pallottole per licantropi. Nonostante qualche sbavatura e un finale scontato, non me la sono sentita di non includerlo nella classifica.


17. Tyrannosaur
Di Paddy Considine (UK), 91 min.
Con Peter Mullan, Olivia Colman, Eddie Marsan
Joseph, persona triste e solitaria preda di incontrollabili scatti d'ira, riesce a trovare un po' di conforto in Hannah, una commessa incontrata quasi per caso. I due si accorgono di avere inaspettatamente qualcosa in comune e iniziano a frequentarsi, ma il carattere di Joseph e il marito violento e possessivo di Hannah complicano le cose. Ottimo esordio alla regia di Considine, che scrive e dirige una storia triste e pessimista col prezioso aiuto di un Mullan impeccabile. Peccato solo per una parte finale non all'altezza del resto del film. Consigliatissimo agli amanti dei drammi britannici.


16. Il ragazzo con la bicicletta
Di Jean-Pierre e Luc Dardenne (Francia, Belgio, Italia), 87 min.
Con Cécile de France, Thomas Doret, Jérémie Renier
Rinchiuso in un centro di accoglienza per bambini, Cyril prova in tutti i modi a rintracciare il padre che lo ha abbandonato. Incontra per caso Samantha, una parrucchiera disposta ad aiutarlo.
Dramma intenso e realista sulle solite incompresioni fra adulti e bambini. Nulla di nuovo, ma lo stile dei Dardenne è efficace e coinvolgente.


15. A Lonely Place To Die
Di Julian Gilbey (UK), 99 min.
Con Melissa George, Ed Speelers, Eamonn Walker
Durante una passeggiata in mezzo alle Highlands scozzesi, cinque amici scalatori scoprono una bambina rinchiusa in un buco sottoterra. La liberano, ma non appena decidono di recarsi al villaggio più vicino per chiamare aiuto, vengono braccati da due uomini armati di fucile.
Gilbey prende elementi dal cinema horror, thriller e action e con un budget relativamente ristretto costruisce un piccolo film solido e onesto. Non sarà molto originale, ma riesce a tenere alto il livello fino alla fine grazie ad un buon ritmo e – cosa sempre più rara in pellicole di questo tipo – dialoghi sensati e personaggi che agiscono in modo intelligente.
Mi piace il genere e ne aspettavo l'uscita da un po', ma al di là di tutto resta un buon film.


14. Melancholia
Di Lars von Trier (Danimarca, Svezia, Francia, Germania), 136 min.
Con Kirsten Dunst, Charlotte Gainsbourg, Kiefer Sutherland, Alexander Skarsgård, Charlotte Rampling, John Hurt, Udo Kier
Rinchiuse in una villa isolata dal mondo, due sorelle si ritrovano a dover affrontare i loro problemi personali mentre un misterioso pianeta chiamato Melancholia rischia di entrare in collisione con la Terra.
Dramma catastrofico ovviamente ben lontano dall'essere fracassone, interamente ambientato in una lussuosa villa dell'alta borghesia. È diviso in due parti. Nella prima, se non fosse per la fotografia e alcuni effetti speciali, sembrerebbe quasi di ritrovarsi in un classico film Dogma. Nella seconda von Trier cambia registro e si concentra principalmente sul modo in cui le due sorelle vivono l'inesorabile avvicinarsi di Melancholia, subendone la magica influenza. Non ho sempre gradito la descrizione dei personaggi e per quanto mi riguarda von Trier ha fatto di meglio, ma rimane sicuramente una pellicola coinvolgente.


13. Another Earth
Di Mike Cahill (USA), 92 min.
Con Brit Marling, William Mapother
Le vite di una giovane studentessa e di un famoso compositore si scontrano in contemporanea con la scoperta di un nuovo pianeta in tutto e per tutto uguale al nostro.
Se non fosse per la presenza della Terra 2, sarebbe probabilmente un film drammatico come tanti, ben diretto e interpretato ma privo di originalità. L'atmosfera irreale ed inquietante dovuta alla scoperta del nuovo pianeta lo rende però estremamente particolare. È un trucco che con me ha funzionato.


12. The Future
Di Miranda July (Germania, USA), 91 min.
Con Miranda July, Hamish Linklater, David Warshofsky
Sophie e Jason decidono di adottare un gatto ferito, ma prima di poterlo portare a casa devono aspettare trenta giorni, il tempo necessario perché si riprenda. Pensando a quanto il gatto modificherà il loro quotidiano e necessiterà della loro cure, i due cambiano radicalmente visione della vita, abbandonano il lavoro e si dedicano ad inusuali progetti personali, arrivando addirittura a modificare lo spaziotempo.
Nel frattempo il gatto riflette sulla propria esistenza e... sull'esistenza in generale.
Una sceneggiatura coraggiosa che rischiava di trasformarsi in un grande e pretenzioso pasticcio, diventa invece un film delicato e atipico sulla vita di coppia e sulla paura di sentirsi soli.


11. Red State
Di Kevin Smith (USA), 88 min.
Con Michael Angarano, Nicholas Braun, Ronnie Connell, Kaylee DeFer, John Goodman
Tre giovani studenti convinti di recarsi ad un appuntamento con una donna disposta a fare sesso, si imbattono in un violento gruppo di fondamentalisti religiosi. L'intervento delle istituzioni non farà che peggiorare le cose, mostrando il vero volto di un sistema malato.
Che Kevin Smith non gradisse molto religioni e governi lo si era capito da tempo. Qui però ce lo dice abbandonando i toni da commedia e mettendo in scena un film disperato, pessimista e violento. Non c'è speranza, nemmeno alla fine.


10. Attack the Block
Di Joe Cornish (UK, Francia), 88 min.
Con John Boyega, Jodie Whittaker, Nick Frost
Un gruppo di ragazzini si ritrova a dover difendere il proprio quartiere da un'orda di inferociti mostri alieni.
Azione, risate, sangue e qualche velata ma non banale critica sociale. Quando il cinema britannico decide di unire la commedia a generi come l'horror e la fantascienza, è raro che il risultato non sia gradevole. In questo caso è addirittura ottimo. Per quanto mi riguarda è il film più divertente dell'anno.


9. Tomboy
Di Céline Sciamma (Francia), 84 min.
Con Zoé Héran, Malonn Lévana, Mathieu Demy, Sophie Cattani, Jeanne Disson
Una bambina di dieci anni appena trasferitasi nei dintorni di Parigi col resto della famiglia, viene scambiata per un ragazzo e accolta in quanto tale da Lisa e dal suo gruppo di amici. Lei starà al gioco, ma dovrà pagarne le conseguenze.
Per me è stata una delle migliori sorprese dell'anno. Riesce a descrivere i problemi di Zoé con passione e tenerezza senza mai tentare di strafare o di cercare il colpo di scena ad ogni costo. Non succede molto, ma è perfetto così.


8. Snowtown
Di Justin Kurzel (Australia), 119 min.
Con Lucas Pittaway, Daniel Henshall, Bob Adriaens
È la storia di John Bunting, serial killer australiano autore di numerosi ed efferati omicidi, e di Jamie, il ragazzo sedicenne con cui entra in contatto dopo averne conosciuto la madre. Pur rendendosi conto dello strano carattere di John e dei pericoli a cui va incontro frequentandolo, Jamie ne rimane affascinato, guadagnandosi la sua fiducia ed entrando a far parte della sua banda.
Cupo e violento, malgrado un ritmo non troppo sostenuto riesce a non dare un attimo di tregua allo spettatore. Messa in scena solidissima e recitazioni impeccabili lo rendono uno dei film più intensi e disturbanti dell'anno.


7. Una separazione
Di Asghar Farhadi (Iran), 123 min.
Con Peyman Maadi, Leila Hatami, Sareh Bayat, Sarina Farhadi
Simin vorrebbe andarsene ed incominciare una nuova vita in un altro paese, ma suo marito Nader preferisce restare per occuparsi del padre malato di Alzheimer. L'unico elemento che li tiene ancora insieme è la figlia Termeh.
Farhadi, dopo una partenza lenta ma necessaria, riesce a trasmettere tensione con una storia semplice quanto emblematica. Le due coppie che per questioni religiose si ritrovano costrette ad affrontarsi davanti ad un giudice, come se non ci potesse essere un punto d'incontro più immediato, rappresentano in modo perfetto tutta l'incomunicabilità che il regista intende trasmettere. Aggirando abilmente la censura, Farhadi non si limita a parlare del proprio paese, ma offre spunti per tutti. Sicuramente da vedere.


6. The Tree of Life
Di Terrence Malick (USA), 139 min.
Con Brad Pitt, Jessica Chastain, Sean Penn
La storia di Jack, dei suoi genitori così diversi tra loro, dei suoi fratelli e del modo in cui se li ricorda da adulto.
La paura di assistere ad un film religioso è passata dopo i primi dieci minuti. La famiglia di Jack viene usata come pretesto per concentrarsi su altro e Malick si sfoga parlando di vita, morte e Natura. Dei suoi è forse quello che mi è piaciuto meno, ma questo, oltre ad essere sicuramente il più ambizioso, è probabilmente anche quello diretto meglio.


5. La pelle che abito
Di Pedro Almodóvar (Spagna), 117 min.
Con Antonio Banderas, Elena Anaya, Marisa Paredes
Un rinomato chirurgo ossessionato dalla morte della moglie sta mettendo a punto un tipo di pelle artificiale resistente a tagli e bruciature. Per i suoi esperimenti si serve di una donna che tiene rinchiusa in una stanza della sua villa e che non sembra avere la minima intenzione di scappare.
Non sono mai stato un grande fan di Almodóvar, ma dei pochi che ho visto questo è subito diventato il mio preferito. Il regista riprende alcui dei suoi temi più cari in un thriller morboso e bizzarro, che riesce a mantenersi credibile nonostante una sceneggiatura quantomeno stravagante.
In certe scene è inevitabile pensare al bellissimo Occhi senza volto, di Franju. Qui non ci troviamo a quei livelli, ma il risultato finale è comunque sorprendente.


4. Rundskop
Di Michael R. Roskam (Belgio), 124 min.
Con Matthias Schoenaerts, Jeroen Perceval, Jeanne Dandoy, Barbara Sarafian
Storia di odio e violenza nell'ambiente degli allevatori di bestiame. Jacky, costretto ad assumere steroidi fin da bambino, si ritrova con le spalle al muro dopo il misterioso omicidio di un poliziotto e l'incontro con una vecchia conoscenza.
Non sapevo bene cosa aspettarmi, da questo Rundskop, e mi sono trovato davanti ad un piccolo e potente capolavoro. Regia perfetta, ottima sceneggiatura e ritmo che sale progressivamente fino all'indimenticabile finale. Da vedere.


3. Super 8
Di J.J. Abrams (USA), 112 min.
Con Joel Courtney, Elle Fanning, Riley Griffiths, Ryan Lee, Zach Mills, Kyle Chandler, David Gallagher, Bruce Greenwood
Recensito poco fa. Joe ed il suo gruppo di amici assistono al deragliamento di un treno militare. Da uno dei vagoni riesce a scappare un alieno e da quel momento le loro vite cambieranno radicalmente.
Abrams ripropone il vecchio modo di affrontare il cinema di fantascienza e riesce ad incantare per quasi due ore.


2. The Woman
Di Lucky McKee (USA), 101 min.
Con Pollyanna McIntosh, Angela Bettis, Sean Bridgers
Un avvocato di successo scopre per caso la tana di una ragazza selvaggia cresciuta nei boschi. Decide quindi di catturarla per poterla civilizzare.
Un film profondo e disturbante che parla della donna ma soprattutto del significato della civiltà e dell'educazione. Se in Freaks i buoni erano i “mostri”, qui sono indubbiamente quelli che la cosidetta civiltà ancora non l'hanno sperimentata. McKee si conferma un autore sempre più valido.


1. Drive
Di Nicolas Winding Refn (USA), 100 min.
Con Ryan Gosling, Carey Mulligan, Bryan Cranston, Albert Brooks, Christina Hendricks, Ron Perlman
Un meccanico che nel tempo libero fa anche lo stuntman per Hollywood e l'autista nella rapine, si ritrova in trappola dopo aver provato ad aiutare il marito della donna di cui si è appena innamorato.
Primo posto telefonatissimo per una delle regie migliori che mi sia mai capitato di vedere. C'è poco da aggiungere, Refn trasforma una sceneggiatura apparentemente banale in un capolavoro.

lunedì 2 gennaio 2012

Il peggio del 2011



Quest'anno mi sono fatto contagiare anch'io dalla mania delle classifiche. Tanto per divertirmi un po', inizio con la lista dei film più brutti o che più mi hanno deluso. Sono semplici opinioni personali e tutti i film presenti in questa classifica possono benissimo piacere... a parte il primo, il primo proprio no. Ho preferito prendere in considerazione unicamente l'anno di produzione del film e non quello di uscita nelle sale. Sia in questa classifica che in quella dei migliori, ci saranno quindi solo film del 2011. 


20. Apollo 18 - Gonzalo López-Gallego
Con Warren Christie, Lloyd Owen, Ryan Robbins
Appena recensito. Niente di particolare da aggiungere. Un mockumentary su una spedizione lunare degli anni '70 andata male e mai resa pubblica... fino ad ora. La tensione è poca e gli spaventi sono perlopiù causati da salti sulla sedia improvvisi. L'ambientazione è ovviamente suggestiva, ma mi aspettavo di meglio.


19. Colombiana – Olivier Megaton
Con Zoe Saldana, Jordi Mollà, Cliff Curtis
Besson, passato dal dirigere Le grand bleu e Léon a scrivere e produrre cose improponibili, sembra non averne ancora abbastanza. Colombiana è la storia di Cataleya (una Saldana che perlomeno ci prova), assassina spietata disposta ad aspettare anni pur di vendicare l'omicidio del padre avvenuto davanti ai suoi occhi quand'era ancora bambina. Storia scritta col culo e spettacolarità prossima allo zero non bastano per farlo salire più in alto in classifica. Ci sarà di peggio...


18. Drive Angry – Patrick Lussier
Con Nicolas Cage, Amber Heard, William Fitchner, Billy Burke, David Morse
Nicolas Cage scappa dall'inferno per vendicare la morte della figlia. Seguiranno sparatorie, inseguimenti e casini vari.
Il cast è simpatico e le intenzioni anche, ma il film non è trash abbastanza e non riesce a convincere. Un po' lo stesso difetto di Machete, che rimane comunque di gran lunga superiore. 


17. Priest – Scott Charles Stewart
Con Paul Bettany, Karl Urban, Cam Gigandet, Maggie Q
Due anni dopo quella porcata di Legion, Stewart ci riprova. Sempre con Bettany e sempre con la religione di mezzo. Il risultato è solo un pochino superiore, ma non era difficile.
Tratto da un fumetto che non avevo mai sentito, Priest è la storia di Bettany, un prete un po' particolare che disobbedisce alle leggi della chiesa per andare a caccia dei vampiri che gli hanno rapito la nipote. Ambientato in una realtà distopica (ma come al solito mai troppo lontana da quella vera), dopo i primi venti minuti ancora non riuscivo a capire il perché della marea di recensioni negative lette in giro, ma poi ho visto gli altri sessanta e tutto è diventato chiaro. Peccato, perché la fotografia non è malaccio, e poi c'è Maggie Q.

16. Come l'acqua per gli elefanti – Francis Lawrence
Con Robert Pattinson, Reese Witherspoon, Christoph Waltz
Un giovane veterinario, da cui ci si aspetterebbe un po' di amore per gli animali, se ne frega e trova lavoro in un circo. Conoscerà Marlena, sentimentalmente legata ad August, il tirannico padrone del circo. Ovviamente scatterà la scintilla e sopraggiungeranno millemila difficoltà fra pianti, isterie e ridicole scene pseudo-animaliste che di animalista non hanno proprio nulla. Finto, banale e pure noioso.


15. Pirati dei Caraibi – Oltre i confini del mare – Rob Marshall
Con Johnny Depp, Penélope Cruz, Geoffrey Rush, Ian McShane Keith Richards
Continua la saga di Sparrow, che questa volta si imbarca con Barbossa alla ricerca della fonte della giovinezza.
Il primo era carino, il secondo divertente, ma questo riesce ad essere più brutto anche del terzo. Non basta qualche battuta carina qua e là per rendere il tutto guardabile. Depp insopportabile.


14. The Mechanic – Simon West
Con Jason Statham, Ben Foster, Donald Sutherland
Statham incontra il giovane Foster e gli insegna a diventare un killer professionista.
Da West, Statham e Foster mi aspettavo una tamarrata divertente, e invece mi sono trovato un film noioso, scialbo e dalla regia piattissima. Speriamo che West, col commovente cast che ha a disposizione per The Expendables 2, riesca a riprendersi.


13. I guardiani del destino – George Nolfi
Con Matt Damon, Emily Blunt, Michael Kelly, Terence Stamp
Anche questo l'ho recensito non molto tempo fa. È la storia di David, un giovane politico che scopre che il mondo è regolato da strani esseri con un cappello magico in grado di influenzare le decisioni di ogni essere umano. Thriller fantascientifico sentimentale prevedibile e privo di emozioni.


12. Source Code – Duncan Jones
Con Jake Gyllenhaal, Michelle Monaghan, Vera Farmiga, Jeffrey Wright
Recupero la trama dalla recensione che avevo scritto mesi fa qui sul blog: Un uomo si risveglia di colpo su un treno diretto a Chicago. Davanti a lui una ragazza che sembra conoscerlo gli parla del proprio lavoro. Lui non capisce, le dice di non averla mai vista prima e di non essere chi lei afferma che sia, bensì un soldato in missione in Afghanistan. Senza che gli venga in mente nemmeno per un istante che fra andare a fare la guerra per il petrolio in giro per il mondo e parlare amabilmente a quattr'occhi con Michelle Monaghan è preferibile la seconda, si alza per andare in bagno e allo specchio scopre di trovarsi nel corpo di un altro uomo. Sempre più agitato, torna dalla ragazza, prova a spiegarle la situazione e poi, di colpo, insieme a tutti gli altri passeggeri del treno, muore in una gigantesca esplosione. Si risveglia quindi in una strana capsula e scopre che la realtà è ancora più complicata di quei pochi minuti passati sul treno.

Dopo il bellissimo Moon, aspettavo questo Source Code con una certa trepidazione. La delusione è arrivata puntuale. La regia di Jones è buona, ma la sceneggiatura è debole e la tensione quasi inesistente. Finale orrendo.


11. Hanna – Joe Wright
Con Saoirse Ronan, Eric Bana, Cate Blanchett
Una tenera quanto spietata ragazzina cresciuta in mezzo alla foresta, viene usata da non si sa bene quale organizzazione per uccidere non si sa bene quale nemico.
Non ho mai sopportato Joe Wright. Orgoglio e pregiudizio ancora mi manca ma Espiazione e Il solista li ho trovati davvero fastidiosi. Il cambiamento di genere quindi mi incuriosiva, ed ero pronto a ricredermi. Niente da fare, la storia è mal definita e piena di stereotipi, i personaggi agiscono senza motivo e i tentativi di Wright di far vedere che lui, se vuole, un thriller d'azione te lo dirige con un tocco autoriale in più, risultano solo seccanti. Bella la colonna sonora dei Chemical Brothers, che riesce a salvare alcune scene qua e là.


10. Sucker Punch – Zack Snyder
Con Emily Browning, Jena Malone, Abbie Cornish, Vanessa Hudgens, Jamie Chung, Carla Cugino, Oscar Isaacs, Scott Glenn
Baby Doll e le sue amiche, per scappare dal manicomio in cui sono rinchiuse, si inventano un mondo parallelo popolato da draghi, zombies e altri strani nemici. Per riuscire a fuggire, dovranno superare cinque difficili prove, sempre ambientate (almeno per noi), nella loro immaginazione.
Dopo una bellissima scena iniziale, Snyder si prende troppo sul serio e rovina quello che potenzialmente poteva anche diventare un buon film. Confuso e privo di fascino, con tanto di fastidiosa morale finale.


9. Come ammazzare il capo... e vivere felici – Seth Gordon
Con Jason Bateman, Charlie Day, Colin Farrell, Kevin Spacey, Jennifer Aniston, Donald Sutherland
La storia di tre amici che si mettono d'accordo per uccidere i tre rispettivi capi.
Non è difficile farmi ridere, a volte basta davvero poco. Qui, in un'ora e quaranta minuti di film, ci sono riusciti una volta. Ripeto: una volta. Ovviamente mi ricordo pure la scena: questa.


8. Immaturi – Paolo Genovese
Con Raoul Bova, Barbara Bobulova, Isabelle Adriani, Anita Caprioli, Simona Caparrini, Paolo Kessisoglu, Luca Bizzarri, Ricky Memphis, Alessandro Tiberi, Ambra Angiolini
Più ci si avvicina alla zona calda della classifica e più si fa sul serio.
Cast pieno di nomi importanti per la solita commedia all'italiana buonista e politicamente corretta. Dialoghi ridicoli, regia inesistente e product placement a non finire (macchine, telefoni, banche... ce n'è per tutti). Perché?

7. Che bella giornata – Gennaro Nunziante
Con Checco Zalone, Isabelle Adriani, Nabiha Akkari
Checco trova lavoro come addetto alla sicurezza del Duomo di Milano. Farah, una giovane terrorista araba, si fa passare per una studentessa e decide di usarlo per portare a termine il suo piano.
Se per Immaturi si parlava di buonismo e politicamente corretto, qui si va addirittura oltre, al punto che l'uso degli stereotipi finisce per diventare involontariamente quasi offensivo. Qualche battuta carina, il resto è davvero difficile da sopportare.


6. Transformers 3 – Michael Bay
Con Shia LaBeouf, Josh Duhamel, Peter Cullen, John Turturro, Rosie Huntington-Whiteley, Tyrese Gibson, Patrick Dempsey, Frances McDormand, Kevin Dunn, John Malkovich. Alan Tudyk
La trama non c'è.
Per vedere un film di Bay è necessario fare uno sforzo e considerare che sarà insopportabilmente patriottico e scontato. Se col suo primo Transformers era riuscito in parte a divertire, col secondo ha subito rovinato tutto. Ma il bello doveva ancora venire. Gli effetti speciali sono ottimi ma ci sono solo quelli, nient'altro. Il film è completamente privo di senso, pieno di scene che vorrebbero essere comiche ma che risultano semplicemente imbarazzanti. Non ci sono colpi di scena, non c'è nemmeno una vera e propria storia. Il Nulla.

5. Captain America: The first Avenger – Joe Johnston
Con Chris Evans, Tommy Lee Jones, Hugo Weaving, Toby Jones, Dominc Cooper, Haylee Atwell
Steve Rogers vuole a tutti i costi diventare un militare. A questo suo problema di base si aggiunge il fatto che non ha i requisiti per essere ammesso nell'esercito: troppo gracile e debole. Si offre quindi volontario per un esperimento scientifico e diventa Capitan America.
Lo ammetto: partivo prevenutissimo. Troppo facile da criticare: valori americani, militarismo... Il problema è che Captain America fallisce anche come semplice film di supereroi, e non diverte nemmeno per sbaglio.

4. Shark Night 3D – David R. Ellis
Con Sara Paxton, Dustin Milligan, Chris Carmack, Katharine McPhee
Un gruppo di studenti decide di passare il week end in una super villa sul lago. Quello che non sanno è che le acque del lago sono infestate da famelici squali.
Questo probabilmente si meritava il podio. È addirittura più brutto di Piranha 3D, che se fosse uscito nel 2011 si ritroverebbe più o meno in questa zona della classifica.
Non c'è molto da dire. È un horror tette e culi PG-13 che non riesce né a spaventare né a divertire. Durante la visione si spera solo che non vada troppo per le lunghe e che nel frattempo il pesce uccida più gente possibile.



3. Unknown - Jaume Collet-Serra
Con Liam Neeson, Diane Kruger, January Jones, Aidan Quinn, Bruno Ganz, Frank Langella
Ed eccoci finalmente sul podio.
Liam Neeson si risveglia dal coma e scopre che un altro uomo ha preso la sua identità. La cosa grave è che anche la moglie asserisce di non conoscerlo. Incomincerà quindi ad indagare...
Quello che sarebbe stato solo un pessimo film d'azione, si guadagna il podio con uno scandaloso finale chiaramente a favore degli OGM.


2. Dylan Dog: Dead of Night – Kevin Munroe
Con Brandon Routh, Sam Huntington, Taye Diggs, Anita Briem
Non capisco come abbiano potuto anche solo pensare di produrla, una roba del genere. Ci vuole coraggio a prendere un personaggio di successo come Dylan Dog e stravolgerlo in questo modo, togliendogli addirittura la preziosa compagnia di Groucho. A che tipo di pubblico pensavano di rivolgersi? Tra le altre cose, viene anche da chiedersi come mai non abbiano chiamato Everett.
Uno potrebbe far finta di non trovarsi davanti al Dylan Dog di Sclavi, ma non basta. Evitatelo!

1. World Invasion – Jonathan Liebesman
Con Aaron Eckhart, Ramon Rodriguez, Michelle Rodriguez, Michael Peña
Quando ho stilato la classifica ho iniziato direttamente da questo, sicuro che sarebbe stato al primo posto. Ne avevo già parlato brevemente in un post di qualche mese fa, e ora mi ripeto: questo non è un film, è un vergognoso video di reclutamento. Pieno zeppo di situazioni e personaggi già visti e rivisti, ridicolo, retorico, militarista e patriottico come pochi film avevano finora osato fare. Spettacolare.