venerdì 30 marzo 2012

Polisse




Di Maïwenn, 2011 (Francia), 127 min.
Con Karin Viard, Joey Starr, Marina Foïs, Maïwenn, Riccardo Scamarcio, Emmanuelle Bercot
Scritto da Maïwenn, Emmanuelle Bercot

La Brigade de Protection des Mineurs si occupa delle violenze sui minori, di casi di pedofilia e anche di alcuni piccoli reati commessi da minorenni. Maïwenn, adottando un classico stile documentaristico, prova a farci un film.
La pellicola nel suo insieme appare però falsa, pretenziosa ed esagerata, non tanto nelle dure descrizioni di quello che le vittime sono costrette a sopportare, quanto nel cattivo gusto e nella retorica di una sceneggiatura e di una regia basate esclusivamente sulla costante ricerca di un realismo mai raggiunto e sulla voglia irrefrenabile di scandalizzare ad ogni costo lo spettatore.

Le intenzioni di Maïwenn erano di restare imparziale e di evitare di descrivere degli eroi, ma bastano una decina di minuti per rendersi conto che non sarà così: viviamo in un mondo di pedofili e meno male che ci pensa la BPM, i cui agenti non hanno un momento libero nemmeno quando sono seduti in un bar a prendere un caffè, poiché basta girare un attimo lo sguardo per assistere a scene di bambini maltrattati e infanzie rovinate. È grazie a loro se possiamo dormire tranquilli, sembra suggerire la regista.
Ed ecco che l'abuso di potere non è più un problema, perché loro sono la Police e quindi possono (c'è una scena in cui vengono pronunciate più o meno le stesse parole), e andare a prelevare con la forza i bambini in un campo rom per schiaffarli in un collegio diventa cosa giusta e bella, la cui durezza viene poi esorcizzata in una scena che ancora spero di essermi solo immaginato: i giovani zingari, in lacrime fino a pochi minuti prima, salgono sul pullman delle forze dell'ordine e si mettono a cantare e a ballare in compagnia degli eroici poliziotti sorridenti. Roba da vomito.
Ma gli eroi, si sa, devono comunque avere dei problemi perché in fondo sono persone comuni, e allora entriamo anche nelle vite private di ciascuno di loro, in un'accozzaglia di scene ripetitive e stereotipate fino all'inverosimile (i dialoghi politici su Sarko; la moglie che vorrebbe che il marito poliziotto le raccontasse qualcosa del suo lavoro e il marito che risponde – urlando senza ragione, ché così è tutto più realistico e disperato – che non c'è niente di bello in quello che fa; la poliziotta anoressica che odia gli uomini; il poliziotto incazzato con tutto e tutti e tante altre simpatiche situazioni familiari che vengono trattate con maggior rigore e sensibilità anche nel peggiore dei cinepanettoni).
E la regista, forse preoccupata che le due ore abbondanti possano risultare eccessive (e lo sono), sovraccarica dialoghi e contenuti, disorientando attori (escluso Joey Starr, che sfortunatamente si è beccato il ruolo principale ma non è chiaramente un attore e compare nel film solo perché nella realtà, se ho ben capito, va a letto con Maïwenn) e spettatori. La convinzione che debba sempre e comunque succedere qualcosa di estremamente drammatico, che si tratti del lavoro quotidiano, delle implicazioni politiche o delle dinamiche dei rapporti fra i vari corpi della polizia (la BPM viene considerata dagli altri poliziotti come una sorta di reparto minore), appare quindi inutile e contribuisce a rendere il risultato finale una sorta di parodia involontaria.
Certo è facile spingere lo spettatore a simpatizzare per le giovani vittime descritte nel film; meno facile è non scadere in un superficiale ed irritante moralismo conformista da due soldi.

03/20

Per due pareri completamente diversi, leggete la recensione Fordiana e quella Cannibale.


9 commenti:

  1. Questa volta hai bottigliato tu.
    Ci sta.
    Ogni tanto, così, mi riposo le braccia! ;)

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  2. 03 a sto super filmone???
    qua ti meriteresti una blog war a reti unificate con me e ford che te le diamo di santa ragione!!! :D

    non mi sembra comunque per niente che questi tizi vengano trattati come eroi, anzi sono persone in tutto e per tutto fragili e a pezzi ben più delle vittime degli abusi.

    ah, grazie per la citazione!

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    1. Addirittura io e te insieme!?!?
      Qui viene giù una tormenta di neve! :)

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    2. Ahahah, sono riuscito ad unire pure voi due?! :D
      Guarda Marco, proprio non ce l'ho fatta a dargli di più, è un film che mi ha fatto troppo arrabbiare.
      Sì sì, è vero, loro sono fragili, ma mi ha dato fastidio il modo in cui vengono descritti, come se fossero le uniche persone moralmente “giuste” in un mondo di deviati.

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  3. Accidenti! gli hai fatto barba e capelli a questo film. Che a me ha entusiasmato parecchio anche se gli riconosco qualche debolezza( tipo il ruolo simbolo per me troppo ostentato di Maiwenn e la deriva sentimentale della sua storia col poliziotto, ci hai visto giusto stanno insieme a quanto ne so).Mi ha ricordato il Kechiche de La schivata il Beauvois di Le petit lieutenent e soprattutto il Tavernier di L 627 che per me è veramente un capolavoro!Bel posticino, complimenti!

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    1. Ciao, benvenuto e grazie! :)
      Sì, è un film che proprio non mi è andato giù. :)
      Carino La schivata! Gli altri due invece non li ho visti.

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  4. Interessante il tuo blog. Purtroppo io - pur amando tantissimo il cinema del passato - conosco relativamente poco la cinematografia moderna. Anche per il jazz, ad esempio, che è la musica che amo di più, sono ferma ai classici e non riesco ad apprezzare gli interpreti contemporanei.

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    1. Grazie mille e benvenuta! Ora non sto praticamente più aggiornando ma prima o poi riprenderò...
      Il jazz purtroppo lo conosco pochissimo, e con tutti i sottogeneri che ci sono non ci capisco nulla. :D

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