Di Zack Snyder, 2011 (USA, Canada), 110 min.
Con Emily Browning, Jena Malone, Abbie Cornish, Vanessa Hudgens, Jamie Chung, Carla Cugino, Oscar Isaacs, Scott Glenn
Scritto da Zack Snyder, Steve Shibuya
Snyder è uno strano. Esordisce con L'alba dei morti viventi, che pur non avvicinandosi minimamente al capolavoro a cui si ispira (ma in realtà nemmeno ci prova) riesce comunque a divertire, regalando pure una stupenda scena iniziale, per poi passare ad un film come 300, tanto curato nelle immagini quanto tristemente vuoto in tutto il resto. Torna poi a buoni livelli con Watchmen, si dedica ad un progetto di animazione che ancora devo vedere e poi se ne esce con questo Sucker Punch, che oltre a dirigere ha pensato bene pure di scrivere. Il problema è che non deve aver avuto le idee molto chiare.
Sucker Punch è la storia di Baby Doll (sì, Baby Doll), che in seguito alla morte della sorella si fa rinchiudere dal patrigno malvagio in un manicomio. Manicomio che, tanto per farci subito entrare in sintonia con... Baby Doll, è ovviamente gestito da una banda di sadici maniaci senza scrupoli. E fin qui tutto bene. La prima scena è infatti ottimamente girata e dà l'illusione di poter assistere ad un qualcosa di gradevole. Non avrei nemmeno nulla (o quasi) da obiettare sulla caratterizzazione dei loschi figuri che lavorano nel manicomio: finché posti come quelli, basati sull'assunto che vi siano esseri umani normali e altri meno normali, vengono descritti in questa maniera, io sono contento.
Poi però, il disastro!
Dopo un lunghissimo e penoso balletto con Carla Cugino e Oscar Isaac (che dopo questo film, per rifarsi, ha interpretato Standard in Drive) , Baby Doll conosce le altre pazienti del manicomio e subito diventa amica di Sweet Pea, Rocket, Blondie e Amber, e senza perdere un minuto di tempo spiega loro che ha intenzione di evadere uscendosene con un piano apparentemente infallibile. Snyder però a questo punto cambia registro ed entra in un suo trip personale che obbliga le nostre cinque eroine ad affrontare ogni prova immaginandosi una sorta di realtà alternativa. Non ci troviamo quindi più nel manicomio, ma nella fervida immaginazione di Baby Doll (e di Snyder) che, per evitare la lobotomizzazione, se la dovrà vedere con, in ordine sparso: giganteschi guerrieri umanoidi armati di spada e mitragliatrice, zombies nazisti, orchi cattivi, draghi e robot... e spero di non essermi dimenticato nulla.
Una cosa va subito detta: Snyder deve aver pensato e sviluppato il film in modo da poter piazzare il maggior numero di primi piani del bel faccino della Browning. Il resto è chiaramente secondario, altrimenti non si spiegherebbero tante cose, tipo il balletto già citato, il perché a un certo punto sbuchi fuori Scott Glenn ad aiutare le ragazze e altre decine di situazioni disordinatamente incollate una dietro l'altra. Ed è forse proprio questo il difetto maggiore del film: il disordine (subito dopo viene la noia; tanta, tanta noia). Dopo aver scritto una sceneggiatura complicata e indubbiamente difficile da trattare, Snyder prende spunto un po' qui e un po' là accontentandosi fondamentalmente di dimostrare – e riuscendoci solo a tratti - quanto ci sappia fare con la macchina da presa, senza mai preoccuparsi di dare un minimo di stile o di fascino al suo lavoro. I personaggi poi, diciamolo, sono ridicoli, e i loro dialoghi ancora peggio. Anche la fotografia, dopo i primi venti minuti, incomincia a stufare.
Alla fine ne viene fuori un film senza una vera e propria identità, confuso, ridondante, mai divertente e soprattutto privo di emozioni. E come se non bastasse, dopo tutto questo casino uno deve pure sorbirsi la morale finale.
Alla fine ne viene fuori un film senza una vera e propria identità, confuso, ridondante, mai divertente e soprattutto privo di emozioni. E come se non bastasse, dopo tutto questo casino uno deve pure sorbirsi la morale finale.