lunedì 2 gennaio 2012

Il peggio del 2011



Quest'anno mi sono fatto contagiare anch'io dalla mania delle classifiche. Tanto per divertirmi un po', inizio con la lista dei film più brutti o che più mi hanno deluso. Sono semplici opinioni personali e tutti i film presenti in questa classifica possono benissimo piacere... a parte il primo, il primo proprio no. Ho preferito prendere in considerazione unicamente l'anno di produzione del film e non quello di uscita nelle sale. Sia in questa classifica che in quella dei migliori, ci saranno quindi solo film del 2011. 


20. Apollo 18 - Gonzalo López-Gallego
Con Warren Christie, Lloyd Owen, Ryan Robbins
Appena recensito. Niente di particolare da aggiungere. Un mockumentary su una spedizione lunare degli anni '70 andata male e mai resa pubblica... fino ad ora. La tensione è poca e gli spaventi sono perlopiù causati da salti sulla sedia improvvisi. L'ambientazione è ovviamente suggestiva, ma mi aspettavo di meglio.


19. Colombiana – Olivier Megaton
Con Zoe Saldana, Jordi Mollà, Cliff Curtis
Besson, passato dal dirigere Le grand bleu e Léon a scrivere e produrre cose improponibili, sembra non averne ancora abbastanza. Colombiana è la storia di Cataleya (una Saldana che perlomeno ci prova), assassina spietata disposta ad aspettare anni pur di vendicare l'omicidio del padre avvenuto davanti ai suoi occhi quand'era ancora bambina. Storia scritta col culo e spettacolarità prossima allo zero non bastano per farlo salire più in alto in classifica. Ci sarà di peggio...


18. Drive Angry – Patrick Lussier
Con Nicolas Cage, Amber Heard, William Fitchner, Billy Burke, David Morse
Nicolas Cage scappa dall'inferno per vendicare la morte della figlia. Seguiranno sparatorie, inseguimenti e casini vari.
Il cast è simpatico e le intenzioni anche, ma il film non è trash abbastanza e non riesce a convincere. Un po' lo stesso difetto di Machete, che rimane comunque di gran lunga superiore. 


17. Priest – Scott Charles Stewart
Con Paul Bettany, Karl Urban, Cam Gigandet, Maggie Q
Due anni dopo quella porcata di Legion, Stewart ci riprova. Sempre con Bettany e sempre con la religione di mezzo. Il risultato è solo un pochino superiore, ma non era difficile.
Tratto da un fumetto che non avevo mai sentito, Priest è la storia di Bettany, un prete un po' particolare che disobbedisce alle leggi della chiesa per andare a caccia dei vampiri che gli hanno rapito la nipote. Ambientato in una realtà distopica (ma come al solito mai troppo lontana da quella vera), dopo i primi venti minuti ancora non riuscivo a capire il perché della marea di recensioni negative lette in giro, ma poi ho visto gli altri sessanta e tutto è diventato chiaro. Peccato, perché la fotografia non è malaccio, e poi c'è Maggie Q.

16. Come l'acqua per gli elefanti – Francis Lawrence
Con Robert Pattinson, Reese Witherspoon, Christoph Waltz
Un giovane veterinario, da cui ci si aspetterebbe un po' di amore per gli animali, se ne frega e trova lavoro in un circo. Conoscerà Marlena, sentimentalmente legata ad August, il tirannico padrone del circo. Ovviamente scatterà la scintilla e sopraggiungeranno millemila difficoltà fra pianti, isterie e ridicole scene pseudo-animaliste che di animalista non hanno proprio nulla. Finto, banale e pure noioso.


15. Pirati dei Caraibi – Oltre i confini del mare – Rob Marshall
Con Johnny Depp, Penélope Cruz, Geoffrey Rush, Ian McShane Keith Richards
Continua la saga di Sparrow, che questa volta si imbarca con Barbossa alla ricerca della fonte della giovinezza.
Il primo era carino, il secondo divertente, ma questo riesce ad essere più brutto anche del terzo. Non basta qualche battuta carina qua e là per rendere il tutto guardabile. Depp insopportabile.


14. The Mechanic – Simon West
Con Jason Statham, Ben Foster, Donald Sutherland
Statham incontra il giovane Foster e gli insegna a diventare un killer professionista.
Da West, Statham e Foster mi aspettavo una tamarrata divertente, e invece mi sono trovato un film noioso, scialbo e dalla regia piattissima. Speriamo che West, col commovente cast che ha a disposizione per The Expendables 2, riesca a riprendersi.


13. I guardiani del destino – George Nolfi
Con Matt Damon, Emily Blunt, Michael Kelly, Terence Stamp
Anche questo l'ho recensito non molto tempo fa. È la storia di David, un giovane politico che scopre che il mondo è regolato da strani esseri con un cappello magico in grado di influenzare le decisioni di ogni essere umano. Thriller fantascientifico sentimentale prevedibile e privo di emozioni.


12. Source Code – Duncan Jones
Con Jake Gyllenhaal, Michelle Monaghan, Vera Farmiga, Jeffrey Wright
Recupero la trama dalla recensione che avevo scritto mesi fa qui sul blog: Un uomo si risveglia di colpo su un treno diretto a Chicago. Davanti a lui una ragazza che sembra conoscerlo gli parla del proprio lavoro. Lui non capisce, le dice di non averla mai vista prima e di non essere chi lei afferma che sia, bensì un soldato in missione in Afghanistan. Senza che gli venga in mente nemmeno per un istante che fra andare a fare la guerra per il petrolio in giro per il mondo e parlare amabilmente a quattr'occhi con Michelle Monaghan è preferibile la seconda, si alza per andare in bagno e allo specchio scopre di trovarsi nel corpo di un altro uomo. Sempre più agitato, torna dalla ragazza, prova a spiegarle la situazione e poi, di colpo, insieme a tutti gli altri passeggeri del treno, muore in una gigantesca esplosione. Si risveglia quindi in una strana capsula e scopre che la realtà è ancora più complicata di quei pochi minuti passati sul treno.

Dopo il bellissimo Moon, aspettavo questo Source Code con una certa trepidazione. La delusione è arrivata puntuale. La regia di Jones è buona, ma la sceneggiatura è debole e la tensione quasi inesistente. Finale orrendo.


11. Hanna – Joe Wright
Con Saoirse Ronan, Eric Bana, Cate Blanchett
Una tenera quanto spietata ragazzina cresciuta in mezzo alla foresta, viene usata da non si sa bene quale organizzazione per uccidere non si sa bene quale nemico.
Non ho mai sopportato Joe Wright. Orgoglio e pregiudizio ancora mi manca ma Espiazione e Il solista li ho trovati davvero fastidiosi. Il cambiamento di genere quindi mi incuriosiva, ed ero pronto a ricredermi. Niente da fare, la storia è mal definita e piena di stereotipi, i personaggi agiscono senza motivo e i tentativi di Wright di far vedere che lui, se vuole, un thriller d'azione te lo dirige con un tocco autoriale in più, risultano solo seccanti. Bella la colonna sonora dei Chemical Brothers, che riesce a salvare alcune scene qua e là.


10. Sucker Punch – Zack Snyder
Con Emily Browning, Jena Malone, Abbie Cornish, Vanessa Hudgens, Jamie Chung, Carla Cugino, Oscar Isaacs, Scott Glenn
Baby Doll e le sue amiche, per scappare dal manicomio in cui sono rinchiuse, si inventano un mondo parallelo popolato da draghi, zombies e altri strani nemici. Per riuscire a fuggire, dovranno superare cinque difficili prove, sempre ambientate (almeno per noi), nella loro immaginazione.
Dopo una bellissima scena iniziale, Snyder si prende troppo sul serio e rovina quello che potenzialmente poteva anche diventare un buon film. Confuso e privo di fascino, con tanto di fastidiosa morale finale.


9. Come ammazzare il capo... e vivere felici – Seth Gordon
Con Jason Bateman, Charlie Day, Colin Farrell, Kevin Spacey, Jennifer Aniston, Donald Sutherland
La storia di tre amici che si mettono d'accordo per uccidere i tre rispettivi capi.
Non è difficile farmi ridere, a volte basta davvero poco. Qui, in un'ora e quaranta minuti di film, ci sono riusciti una volta. Ripeto: una volta. Ovviamente mi ricordo pure la scena: questa.


8. Immaturi – Paolo Genovese
Con Raoul Bova, Barbara Bobulova, Isabelle Adriani, Anita Caprioli, Simona Caparrini, Paolo Kessisoglu, Luca Bizzarri, Ricky Memphis, Alessandro Tiberi, Ambra Angiolini
Più ci si avvicina alla zona calda della classifica e più si fa sul serio.
Cast pieno di nomi importanti per la solita commedia all'italiana buonista e politicamente corretta. Dialoghi ridicoli, regia inesistente e product placement a non finire (macchine, telefoni, banche... ce n'è per tutti). Perché?

7. Che bella giornata – Gennaro Nunziante
Con Checco Zalone, Isabelle Adriani, Nabiha Akkari
Checco trova lavoro come addetto alla sicurezza del Duomo di Milano. Farah, una giovane terrorista araba, si fa passare per una studentessa e decide di usarlo per portare a termine il suo piano.
Se per Immaturi si parlava di buonismo e politicamente corretto, qui si va addirittura oltre, al punto che l'uso degli stereotipi finisce per diventare involontariamente quasi offensivo. Qualche battuta carina, il resto è davvero difficile da sopportare.


6. Transformers 3 – Michael Bay
Con Shia LaBeouf, Josh Duhamel, Peter Cullen, John Turturro, Rosie Huntington-Whiteley, Tyrese Gibson, Patrick Dempsey, Frances McDormand, Kevin Dunn, John Malkovich. Alan Tudyk
La trama non c'è.
Per vedere un film di Bay è necessario fare uno sforzo e considerare che sarà insopportabilmente patriottico e scontato. Se col suo primo Transformers era riuscito in parte a divertire, col secondo ha subito rovinato tutto. Ma il bello doveva ancora venire. Gli effetti speciali sono ottimi ma ci sono solo quelli, nient'altro. Il film è completamente privo di senso, pieno di scene che vorrebbero essere comiche ma che risultano semplicemente imbarazzanti. Non ci sono colpi di scena, non c'è nemmeno una vera e propria storia. Il Nulla.

5. Captain America: The first Avenger – Joe Johnston
Con Chris Evans, Tommy Lee Jones, Hugo Weaving, Toby Jones, Dominc Cooper, Haylee Atwell
Steve Rogers vuole a tutti i costi diventare un militare. A questo suo problema di base si aggiunge il fatto che non ha i requisiti per essere ammesso nell'esercito: troppo gracile e debole. Si offre quindi volontario per un esperimento scientifico e diventa Capitan America.
Lo ammetto: partivo prevenutissimo. Troppo facile da criticare: valori americani, militarismo... Il problema è che Captain America fallisce anche come semplice film di supereroi, e non diverte nemmeno per sbaglio.

4. Shark Night 3D – David R. Ellis
Con Sara Paxton, Dustin Milligan, Chris Carmack, Katharine McPhee
Un gruppo di studenti decide di passare il week end in una super villa sul lago. Quello che non sanno è che le acque del lago sono infestate da famelici squali.
Questo probabilmente si meritava il podio. È addirittura più brutto di Piranha 3D, che se fosse uscito nel 2011 si ritroverebbe più o meno in questa zona della classifica.
Non c'è molto da dire. È un horror tette e culi PG-13 che non riesce né a spaventare né a divertire. Durante la visione si spera solo che non vada troppo per le lunghe e che nel frattempo il pesce uccida più gente possibile.



3. Unknown - Jaume Collet-Serra
Con Liam Neeson, Diane Kruger, January Jones, Aidan Quinn, Bruno Ganz, Frank Langella
Ed eccoci finalmente sul podio.
Liam Neeson si risveglia dal coma e scopre che un altro uomo ha preso la sua identità. La cosa grave è che anche la moglie asserisce di non conoscerlo. Incomincerà quindi ad indagare...
Quello che sarebbe stato solo un pessimo film d'azione, si guadagna il podio con uno scandaloso finale chiaramente a favore degli OGM.


2. Dylan Dog: Dead of Night – Kevin Munroe
Con Brandon Routh, Sam Huntington, Taye Diggs, Anita Briem
Non capisco come abbiano potuto anche solo pensare di produrla, una roba del genere. Ci vuole coraggio a prendere un personaggio di successo come Dylan Dog e stravolgerlo in questo modo, togliendogli addirittura la preziosa compagnia di Groucho. A che tipo di pubblico pensavano di rivolgersi? Tra le altre cose, viene anche da chiedersi come mai non abbiano chiamato Everett.
Uno potrebbe far finta di non trovarsi davanti al Dylan Dog di Sclavi, ma non basta. Evitatelo!

1. World Invasion – Jonathan Liebesman
Con Aaron Eckhart, Ramon Rodriguez, Michelle Rodriguez, Michael Peña
Quando ho stilato la classifica ho iniziato direttamente da questo, sicuro che sarebbe stato al primo posto. Ne avevo già parlato brevemente in un post di qualche mese fa, e ora mi ripeto: questo non è un film, è un vergognoso video di reclutamento. Pieno zeppo di situazioni e personaggi già visti e rivisti, ridicolo, retorico, militarista e patriottico come pochi film avevano finora osato fare. Spettacolare.







giovedì 22 dicembre 2011

Apollo 18


Di Gonzalo López-Gallego, 2011 (USA, Canada), 86 min.
Con Warren Christie, Lloyd Owen, Ryan Robbins
Scritto da Brian Miller, Cory Goodman

Qualche breve intervista di repertorio ci presenta subito i tre membri dell'equipaggio dell'Apollo 18 in procinto di partire per la Luna. La loro era una missione segreta di cui non è mai stato fatto sapere nulla, ma ora, su un sito internet, sono state caricate le oltre 80 ore di filmati ritrovati. Apollo 18 è il montaggio di 75 minuti che permette di farsi un'idea abbastanza precisa dell'accaduto.
Sono presenti lievi spoiler, ma credo niente che possa rovinare la visione del film.


Il mockumentary, genere sempre più in voga e quindi sempre più rischioso da affrontare, presuppone che il materiale video presentato allo spettatore sia reale. Reali le immagini, il sonoro, i personaggi, reale pure il modo in cui il filmato è stato recuperato e reso disponibile a chi lo sta guardando. In questo caso si è scelto quello più usato: il ritrovamento dei video, il famoso found footage.
Ci siamo? No, non ci siamo, prima di tutto perché devi fornirmi una spiegazione logica al ritrovamento del video, e poi perché se vuoi farmi vedere un mockumentary dell'orrore ed alla prima occasione buona, per spaventarmi, mi spari a tutto volume degli effetti sonori che di realistico non hanno proprio nulla, come se di mockumentary non si trattasse, partiamo già col piede sbagliato, e per riconquistarti la mia fiducia dovrai faticare il doppio. Ma López-Gallego non sembra avere l'intenzione di scomodarsi più di tanto, perlomeno non nei primi tre quarti d'ora di pellicola, e la storia fatica quindi ad ingranare.


Le cose incominciano a farsi un minimo interessanti quando i due astronauti (il terzo è rimasto in orbita attorno alla Luna) si rendono conto che il vero nemico non è un cosmonauta assassino uscito di senno (siamo in piena guerra fredda e si dà il caso che sulla Luna siano stati mandati anche i russi), ma un qualcosa di non ben definito, sicuramente ostile e presumibilmente anche parecchio incazzato. Per non anticipare troppo, lascio a voi il piacere di scoprirne la natura.
Da questo punto in poi, quindi, nonostante la maggior parte degli spaventi siano causati dai soliti fastidiosi rumori improvvisi, si incomincia ad avvertire un po' di angoscia. Il che sarebbe anche normale, in una storia ambientata nello spazio, con la Terra ridotta ad un piccolo pallino all'orizzonte e una minaccia aliena pronta ad attaccare in qualsiasi momento. Sia chiaro, è giusto che un film di questo tipo eviti di terrorizzare da subito lo spettatore, e ben vengano le attese e una lenta costruzione della tensione (basti pensare ai primi venti minuti di [Rec] o di Cloverfield), ma qui, di costruito, c'è davvero poco, e la totale mancanza di intensità della prima parte finisce per rovinare anche la seconda, che non regala  comunque nulla di particolarmente interessante.
Insomma, a parte le claustrofobiche ambientazioni e qualche timido spavento, Apollo 18 è un film freddo e troppo poco coinvolgente, a cui manca quella personalità che un found footage movie, per sopperire alle inevitabili carenze tecniche, dovrebbe avere.

07/20

mercoledì 21 dicembre 2011

Let me in



Di Matt Reeves, 2010 (USA, UK), 116 min.
Con Kodi Smit-McPhee, Chloë Grace Moretz, Richard Jenkins, Elias Koteas
Scritto da Matt Reeves, tratto dal romanzo di John Ajvide Lindqvist

Non sono contro i remake, non a prescindere. Certo è raro che riescano ad avvicinarsi ai livelli della prima versione e il più delle volte risultano assolutamente inutili, ma in certi casi hanno anche il pregio di far riscoprire il film originale, e in altri ne interpretano invece la storia in modo diverso, concentrandosi su aspetti che il primo film aveva tralasciato.
Quelli che invece mi lasciano davvero basito sono i remake di film usciti da poco, e “poco”, in questo caso, vuol dire appena due anni. Ci sarebbe la scusante della diversa nazionalità, ma il film di Alfredson, molto più famoso di questo Blood Story, non aveva certo bisogno di un'operazione del genere.


La storia è sempre quella: Owen, bambino timido e solitario preso in giro dai compagni di scuola, conosce Abby, una nuova vicina venuta ad abitare proprio nell'appartamento accanto al suo, e trova in lei una via di fuga da una vita che certo non lo soddisfa. I due incominciano quindi a vedersi sempre più di frequente, diventando quasi inseparabili. Nel frattempo, la quiete del paesino in cui abitano viene scossa da una serie di brutali omicidi, e Owen si rende presto conto che la responsabile potrebbe essere proprio la sua nuova amica.

A Reeves va riconosciuto il merito di aver ripreso le atmosfere di Lasciami entrare senza trasformare il tutto in una gran tamarrata. Questo è un film lento e misterioso, ben diretto e ottimamente fotografato. Al bianco dominante del film di Alfredson si aggiunge l'arancione delle luci notturne, sfruttato soprattutto durante i primi incontri fra Owen ed Abby nel cortile davanti a casa, ma oltre a questa non ci sono particolari differenze e Reeves, senza inventarsi nulla, dirige il suo film basandosi pesantemente sull'originale, forse fin troppo. Il problema, forse causato proprio dal fatto che tutto quello che vediamo ci era già stato proposto in precedenza, è che dell'originale non conserva quella sensazione di inquietante smarrimento che lo rendeva, a mio parere, uno dei migliori film sui vampiri usciti negli ultimi anni. Le personalità dei due ragazzini (specialmente quella di Eli/Abby), sulle quali è costruito praticamente l'intero film, sono infatti descritte in maniera più profonda e sentita nella sceneggiatura di Lindqvist, e il risultato finale non può non risentirne.
In fin dei conti Let me in è un remake leggermente più caldo e patinato del film del 2008, forse altrettanto disturbante e violento ma sicuramente meno suggestivo.
Da notare comunque il pledge of allegiance, il giuramento di fedeltà alla bandiera degli Stati Uniti, imposto ad una classe di poveri bambini innocenti in quella che è sicuramente la scena più inquietante dei due film messi insieme.
Carino, ma già c'era.

13/20

domenica 18 dicembre 2011

Offscreen


Di Christoffer Boe, 2006 (Danimarca), 93 min.
Con Nicolas Bro, Lene Maria Christensen, Christoffer Boe
Scritto da Knud Romer Jørgensen, Christoffer Boe

Nicolas Bro, attore danese di successo, decide di fare un film su se stesso e sulla sua relazione con Lene. Un film sull'amore, lo chiama lui. Si rivolge quindi all'amico regista Christoffer Boe per farsi dare qualche consiglio e rimediare una telecamera con cui iniziare il progetto, che sembra avere un'unica e semplicissima regola: filmare tutto, o quasi, senza censure. Telecamera costantemente accesa e decine di nastri al giorno su cui vengono catturati i preparativi dietro le quinte prima di uno spettacolo, uscite con gli amici, escursioni in macchina e, soprattutto, i primi gravi litigi di coppia fra Nicolas e Lene, la quale si dimostra sempre più contraria a farsi riprendere praticamente senza pause. Se ne andrà, quindi, dopo una quasi patetica scena d'addio – sempre rigorosamente filmata – che darà il via all'inesorabile aggravarsi delle ossessioni di Bro.


Offscreen viene presentato come il risultato finale, curato e montato da Boe, delle innumerevoli ore di filmati di Bro. Un mockumentary di novanta minuti che inizia proprio nel momento in cui Bro, già munito di una telecamera, parla per la prima volta a Christoffer del progetto che intende portare avanti.
La prima parte è quindi la meno interessante: un lungo insieme di riprese amatoriali che ci fanno conoscere Nicolas, personaggio insicuro e a tratti sgradevole, con le sue paranoie sul rapporto sempre più instabile con la moglie e i dubbi riguardo al film che ha appena iniziato a realizzare e di cui non riesce ad avere un'idea ben definita. Il progetto sembra dover definitivamente crollare quando Lene, che del film dovrebbe essere il personaggo principale, decide di andarsene. Bro si ritrova improvvisamente solo, senza moglie e senza attrice principale, ed è a questo punto che Offscreen incomincia ad avere una vera e propria identità. L'ossessione di filmare ogni momento della giornata trasforma Bro in una specie di schiavo della telecamera, una vittima impotente che si allontana da colleghi ed amici isolandosi in un mondo a parte. Servirà a poco chiedere ad una sua amica attrice di rimpiazzare Lene per poter andare avanti col film, anzi, l'entrata in scena di Trine (anche lei nella parte di se stessa) non farà altro che peggiorare la situazione, contribuendo alla crescente confusione fra realtà e finzione che porterà Bro al disturbante e sanguinoso delirio della parte finale.

Il film funziona perché riesce a far entrare progressivamente lo spettatore nel viaggio mentale del protagonista, diventando una sorta di riflessione tanto seria quanto malata sulla funzione dell'attore ma soprattutto sul desiderio sempre più generalizzato di voler apparire ad ogni costo. Emblematiche quindi le inquietanti scene in cui Bro passa da una stanza all'altra del suo nuovo appartamento, riempito di telecamere fisse e ormai simile in tutto e per tutto al bunker di un Grande Fratello qualsiasi.

Un grazie ad Elio per avermelo consigliato. La sua recensione la trovate qui.

14/20

venerdì 16 dicembre 2011

Ballata dell'odio e dell'amore


Balada triste de trompeta
Di Álex de la Iglesia, 2010 (Spagna, Francia), 107 min.
Con Carlos Areces, Antonio de la Torre, Carolina Bang
Scritto da Álex de la Iglesia

Javier, come gli fa notare suo padre all'inizio della pellicola, non è mai stato giovane. Cresciuto in mezzo alla guerra, non ha conosciuto altro che sofferenza e miseria. Quando si tratta di scegliere se diventare un payaso tonto o un payaso triste, la decisione è quindi inevitabile: non si possono far ridere i bambini se bambini non lo si è mai stati. Dopo la breve ma importantissima scena iniziale, ambientata nel pieno della guerra civile spagnola, ci si sposta nel 1973: Javier trova lavoro nel circo di Sergio, clown di successo noto anche per essere un violento ubriacone; gli farà da spalla, conoscerà Natalia, la sua compagna trapezista, se ne innamorerà (ricambiato?) e deciderà di dare una svolta alla propria vita.


Balada triste de trompeta è un film chiaramente diviso in due parti: una più classica e pacata, stravagante solo a tratti, e un'altra, la seconda, decisamente più sregolata e sopra le righe, in cui de la Iglesia si sfoga inserendo tutte le particolarità che hanno reso famoso il suo modo di fare cinema, senza preoccuparsi di esagerare o di dare una vera e propria logica al racconto. Il suo vuole essere un film libero, senza restrizioni. Dopo la scena introduttiva, che mette in ridicolo i dogmi militareschi contrapponendoli allo spettacolo di due pagliacci e alle risate dei bambini accorsi a vederli, l'accusa alla guerra e all'autoritarismo passa poi attraverso la lotta senza esclusione di colpi fra il violento Sergio e il timido Javier che, mosso dall'amore e dal desiderio di vendetta che si porta dietro dai tempi della morte del padre, si ribellerà diventando ancora più spietato del suo antagonista.
Ma Balada triste non è solo guerra civile, Franco (fantastica la sua breve e ridicola apparizione) e storia spagnola: il racconto funzionerebbe anche come semplice storia d'amore e di passione. Il triangolo sentimentale fra i tre personaggi principali regala prima momenti di estrema tenerezza, per poi sfociare nell'inattesa violenza su cui si baserà tutta la seconda parte del film.
Il contesto circense permette inoltre al regista di poter sfruttare al massimo la sua passione per il grottesco: personaggi bizzarri e situazioni surreali non sembrano mai fuori luogo e si adattano perfettamente alla narrazione sopra le righe, che vede la sua perfetta conclusione in uno dei finali più assurdi che mi sia capitato di vedere ultimamente.
Disperato, urlato, malinconico e divertente, probabilmente uno dei migliori di de la Iglesia.

16/20