sabato 20 novembre 2010

Stranger than Paradise




Di Jim Jarmusch, 1984 (USA)
Con John Lurie, Eszter Balint, Richard Edson
Scritto da Jim Jarmusch
Montaggio di Jim Jarmusch, Melody London
Fotografia di Tom DiCillo
Musiche di John Lurie
Durata: 89 min.


Eva è appena arrivata negli Stati Uniti dall'Ungheria per andare a Cleveland a trovare sua zia, che però dovrà essere ricoverata in ospedale per una decina di giorni. Nel frattempo dovrà quindi fermarsi da Willie, un cugino di New York non troppo contento del nuovo arrivo. I due, insieme a Eddie, un amico di Willie, vivranno una serie di singolari avventure.

Progettato per essere un corto di trenta minuti, Jarmusch alla fine si è (fortunatamente)visto costretto a farne un lungometraggio diviso in tre capitoli, ognuno situato in una città diversa: il primo a New York, il secondo a Cleveland e il terzo in Florida. Ogni scena del film è composta da una singola inquadratura della durata di qualche minuto (a volte anche meno), seguita poi da qualche secondo di schermo nero. 

 
Questa sorta di minimalismo della regia tanto caro a Jarmusch serve a dare a Stranger than Paradise quel tono di romantico realismo che caratterizzerà in seguito la maggior parte dei suoi lavori.
L'anticonvenzionale regista americano preferisce infatti concentrarsi sui personaggi, sui dialoghi e sui silenzi, e avvalendosi delle lunghe inquadrature senza montaggio riesce così a catturare nei suoi attori quelle smorfie o quei gesti che ne rendono così veritiera la recitazione. I protagonisti dei suoi fim sono spesso dei perdenti, dei reietti, oppure dei solitari, quasi sempre tratteggiati in modo romantico, umano, quasi tenero. Ci si affeziona ai suoi personaggi proprio per via del realismo con cui vengono dipinti.
In questo caso ci troviamo di fronte ad una storia semplice quanto singolare; il continuo viaggiare di Willie ed Eddie, spesso accompagnati dalla cugina Eva (sempre che non decidano di lasciarla da sola per andare a scommettere sulle corse dei cavalli), le incomprensioni, l'alternarsi di momenti felici ad altri decisamente più malinconici e poi... “Tutto qui, non c'è altro” - sembra dire Jarmusch alla fine del film - “questa era la mia storia, spero che vi sia piaciuta.”
Incantevole.

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