The Proposition
Di John Hillcoat, 2005 (Australia, UK)
Con Guy Pearce, Ray Winstone, Danny Huston, Emily Watson
Scritto da Nick Cave
Montaggio di Jon Gregory
Fotografia di Benoît Delhomme
Musiche di Nick Cave, Warren Ellis
Durata: 104 min.
Charlie Burns, membro di una banda di fuorilegge, viene catturato insieme al fratello e messo in prigione dal capitano Stanley. Quest'ultimo, uomo impulsivo e violento, minaccia di uccidere il fratello di Charlie se questi non andrà a catturare il suo secondo fratello, Arthur, capo della banda sfuggito alla cattura e ancora in libertà, nascosto da qualche parte nel deserto.
Potrà risultare strano, ma uno dei più bei western usciti negli ultimi anni è ambientato proprio nell'arido deserto australiano. Scritto da Nick Cave, musicista da sempre coinvolto nel mondo del cinema, e diretto da John Hillcoat, questo è un western atipico la cui visione dovrebbe essere obbligatoria per ogni appassionato del genere.
Il film avanza lento, inesorabile, sostenuto da una regia sapiente e delicata in grado di gestire alla perfezione ogni aspetto della pellicola e di renderne essenziale ogni sfumatura. Merito anche dei personaggi, così soli e sperduti, come alla ricerca di un qualcosa di inafferrabile che difficilmente riusciranno a trovare. Qui non ci sono eroi buoni o cattivi, e Hillcoat e Cave non si concentrano su quella che avrebbe potuto essere una banale lotta tra il “bene” e il “male”, ma decidono di andare oltre dando al film un'impronta più intimista priva di ogni retorica.
Eppure, in tutto questo, c'è anche spazio per una evidente critica al colonialismo inglese, rappresentato qui dal capitano Stanley e dalla sua casetta con tanto di giardinetto curato piazzata in mezzo all'outback australiano, fuori posto, priva di significato.
La proposta è un film crudo e profondo, la cui violenza (tanta) ricorda da vicino quella dei romanzi western di McCarthy a cui si ispira (il seguente film di Hillcoat è The Road, tratto da un altro romanzo – questa volta non western – di McCarthy), senza però mai essere di troppo.
All'ottima regia e alle interpretazioni perfette degli attori principali va aggiunta la pregevole fotografia di Delhomme, oltre che le musiche di Cave (sempre lui) e Warren Ellis. Da vedere.
Finalmente qualcosa che non condivido per nulla. L'ho visto un mese fa e l'ho detestato. La retorica che tu non noti, io l'ho respirata in ogni inquadratura, ogni scelta registica, ogni passo patinato da film confezionato per un pubblico ammaestrato. Il cattivo cattivissimo che però ama il mondo e la vita mi ha disgustato (ed era il personaggio migliore del film), la donna inutile ostentata qui e là per dare tocchi delicati al mondo di violenza (violenza anche e soprattutto di stampo borghese) mi faceva venire voglia di spegnere tutto. L'ho visto tutto perché obbligata... non ero da sola e il mio compagno di visione non voleva troncarlo.
RispondiEliminaE amo il western (scoperta recentissima, di un anno appena, ma sto recuperando) ma non questo qui.
La cosa che più mi infastidisce è l'ambizione ad essere "altro". Ma il simbolismo è così forzato, così incanalato, così privo di slanci per lo spettatore (non è interpretabile, forza un'idea e la ribadisce dall'inizio alla fine) che mi ha disturbato più di un film mediocre hOllywoodiano.
Qualcuno mi ha fatto notare che il film è scritto da Cave e che, quindi, non crede che sia fatto in buona fede. Piuttosto che il regista abbia forse "stuccato" il significato di fondo ma che non abbia intenzioni retoriche.
Può darsi che abbia ragione, sia chiaro, ma se è così mi pare solo un'intenzione... il risultato è tutt'altro.
Era ora! :D
RispondiEliminaÈ sicuramente difficile (impossibile) ammirare i personaggi del film, ma mi era piaciuto il modo in cui erano descritti senza però essere giudicati: buoni e cattivi (chiamiamoli così) che si confondono e lottano contro se stessi senza un obiettivo particolare.
La presenza della Watson in effetti è un modo un po' "facile" per rendere ancora più insopportabile e priva di senso tutta quella violenza, ma non mi pare mi avesse colpito così tanto. Per avere un'idea più chiara però dovrei rivederlo, più che altro per notare la retorica di cui parli nelle scelte di Hillcoat.
Avevo già visto che non ti era piaciuto, ma lasciare un commento a quel post era difficile e allora ho lasciato stare.
Già, erano state giornate devastanti, nel periodo di quel post...
RispondiEliminaComunque tutto si riassume nel fatto che si possano definire così chiaramente i buoni e i cattivi (anche in un aspetto puramente esteriore, per esempio) e la morale che continua a ribadire che la cattiveria è ovunque, al di là dell'apparenza, anche se la condivido, è troppo esasperata per accettarla.
Prova a vedere Valhalla rising. Il film è bello ma io non l'ho sopportato, per motivi molto simili a questo qui sopra (come non ho sopportato La sottile linea rossa, stessi motivi). Magari a te potrebbe piacere. Tra l'altro Valhalla secondo me sta una spanna sopra a questi due, se non altro per la misura che non la fa mai straparlare e per l'ambientazione (storica e ambientale). Provalo!
Mi dispiace...
RispondiEliminaIo in realtà quella morale la condivido un po' meno (forse è per questo che in questo caso mi ha dato meno fastidio?). In un certo senso ne avevamo già parlato di là (l'uomo, l'orso... - ah, a proposito di orsi: sono tornati oggi i vecchi commenti, anche quelli di grizzly man! :D ), quindi non mi ripeto. E poi alla fine eravamo d'accordo praticamente su tutto.
Valhalla Rising allora devo vederlo, segno e ringrazio. :)
Evviva blogspot che ha fatto pace con se stesso!
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