martedì 21 dicembre 2010
La nostra vita
Di Daniele Lucchetti, 2010 (Italia)
Con Elio Germano, Isabella Ragonese, Luca Zingaretti, Raoul Bova, Stefania Montorsi
Scritto da Daniele Lucchetti, Sandro Petraglia, Stefano Rulli
Montaggio di Mirco Garrone
Fotografia di Claudio Collepiccolo
Musiche di Franco Piersanti
Durata: 98 min.
Claudio è un giovane lavoratore edile responsabile di una squadra di operai in nero, che perde la moglie durante il parto del terzo figlio. Da quel momento proverà a sopperire alla mancanza di una figura femminile sostituendola con beni materiali e l'ossessione per i soldi con cui garantire un futuro migliore per lui e i suoi figli.
La nostra vita è fondamentalmente un film sui soldi e sulla vita delle persone che non ne hanno abbastanza per soddisfare quei bisogni resi necessari da un sistema capitalista basato sul consumismo sfrenato. In questo caso viene denunciata la situazione degli operai edili, ma è un discorso che può essere allargato all'infinito; è un film infinitamente pessimista al cui intento è difficile dar torto.
Luchetti affronta anche il tema del razzismo, rendendolo come un fenomeno scontato a cui in certi ambienti sarà purtroppo difficile mettere un freno; un'altra amara conseguenza di come un sistema basato sui soldi non crei solamente divisioni fra le classi sociali (di fatto sempre più evidenti), ma continui inevitabilmente ad alimentare anche quelle razziali.
Il difetto del film è che si limita ad una rappresentazione fredda di un certo tipo di realtà, senza scavare in profondità o rendere più espliciti gli intenti della sceneggiatura. Il quarto d'ora finale poi è eccessivamente semplicistico, e sebbene l'ultima scena sia in realtà molto più amara di quanto potrebbe sembrare, rimane - per l'ennesima volta nel cinema italiano - la delusione di aver visto un film potenzialmente buono ma troppo limitato e "già visto" per essere ricordato o per distinguersi da altre decine di pellicole che i responsabili del Ministero per i beni e le attività culturali sono tanto bravi a ritenere "interessanti". Buona l'interpretazione di Germano, premiato anche a Cannes.
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troppo buono.
RispondiEliminaSecondo me questo è un film vergognoso, inclassificabile. Ma argomentare in questo caso sarebbe davvero lungo (altro che il commento di Herzog) e comunque poco costruttivo (quando trancio, trancio. E' impossibile farmi cambiare idea), quindi lascio perdere...
Guarda, più passa il tempo e più sono portato a pensarla come te. C'è almeno un mezzo cuore di troppo, se non di più. Comunque non farti problemi ad argomentare.
RispondiEliminaLa questione è che non siamo in grado di fare film, in generale (salvo pochissime eccezioni). E vedere che il lutto di famiglia viene deviato per parlare di un operaio (che OVVIAMENTE parla in romanaccio, che OVVIAMENTE non sa l'itialano, che OVVIAMENTE ascolta vasco... e via con tutti questi cliché noiosi e banali) che alla fine va' a finire in affari illeciti per il dolore a me fa proprio cascare le braccia...
RispondiEliminaaspetto di vedere se riesci a recuperare i vari commenti. Così non fosse, mi ripeterò (tanto non faccio altro...).
RispondiEliminabuona serata!
Sì, forse conviene aspettare ancora qualche ora. Buona serata anche a te, ciao!
RispondiEliminanon essendo tornato il commento, riassumo quel che mi ricordo (e sì, sembra proprio di recitare...).
RispondiEliminaIn sostanza, credo che non siamo in grado di fare film decenti (salvo poche eccezioni) perché troppo ancorati a cliché umani così spiccati ed abusati che a me vien da spegnere dopo dieci minuti di visione. Un lutto di famiglia con protagonista un operaio che OVVIAMENTE parla il romanaccio, ovviamente è un ignorantone, ovviamente ascolta vasco... Ma siamo seri?
E' stato come quando, in tutta la vita davanti, lo stereotipo dello studente universitario era l'unico universitario esistente e l'UNICA (unica???) ragazza che non aveva studiato era, manco a dirlo, una ragazza madre, tamarra e ignorantissima.
Trovo tutto questo vergognoso fino allo sfinimento...
Per non parlare del fatto che Germano, dopo dieci minuti di lutto, va' a finire in qualche affare malavitoso a causa del dolore (ma perché??? Che razza di trama è?).
dopo la stanza del figlio a parer mio sarebbe meglio non affrontare più certi temi. In primis perché è tremendamente difficile non cadere in riflessioni scontate o trite e ritrite, in secondo luogo perché Moretti ha detto tutto quello che c'era da dire.
I film impegnati poi non siamo in grado di farli dai tempi di Petri e Rosi. Hai mica visto Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto?
RispondiEliminaSul film ti avevo già detto che in effetti più ci penso e più il voto che gli ho messo (a quei cuori comunque non va data molta importanza, e neanche a quello che scrivo... insomma, a niente qui dentro!) è sicuramente troppo alto. E hai ragione, tutti quegli stereotipi sono troppo fastidiosi.
Tutta la vita davanti me lo ricordo poco. Virzì solitamente non mi dispiace, anche se in effetti pure lui in quanto a stereotipi non scherza.
Splendido Indagine su un cittadino! E la classe operaia va' in paradiso, sempre di Petri? ecco, quello credo che sia nella mia top ten dei film italiani. E da quello che leggo, se non l'hai visto DEVI perché lo amerai...
RispondiEliminaIndagine su un cittadino è uno dei miei film preferiti. La classe operaia anche è strepitoso.
RispondiEliminaComunque niente da fare, al recupero dei vecchi commenti che avevamo scritto non ci credo più.
Nemmeno io... un'altra utopia decadente.
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